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200 Storia dell’Arte presso i Greci

§. 21. Dovea tal gruppo, oltre la Niobe e ’l di lei marito Anfione, rappresentare sette loro figli, e altrettante figlie; ma vi mancano delle statue sì di quelli, che di queste. Due dei figli sono probabilmente que’ due così detti atleti nella galleria di Firenze1, e tali furono creduti sin d’allora che si disotterrarono, sebbene loro mancasser le teste, trovate in feguito2; poiché sotto questo nome pubblicate ne furono le figure in rame, del quale la stampa è molto rara, nel 1557.; probabilmente perchè tali statue furono scavate nel medesimo luogo, che le altre pervenuteci figure del gruppo di Niobe, come rileviamo da Flaminio Vac-


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    ant. Cap. IV.pag. LXXI., ripetuto da monsignor Fabroni nella dissertazione su quelle statue, esistenti ora nel quinto gabinetto della galleria Granducale a Firenze, come li è detto più volte, restà senza fondamento; essendosi fatto osservare qui avanti pag. 197. not. a., che Scopa e stato posteriore, o al più contemporaneo a Prassitele; e niente a lui inferiore per merito, del quale si hanno altre testimonianze di autori presso Giunio Catalog. archit. ec. p. 196. seg. Una tale uguaglianza di merito in que’ due artisti può essere stata la ragione, per cui, non ostante che si avessero in Roma tante opere conosciute dell’uno, e dell’altro; pure non si sapesse a chi di essi attribuire la Niobe colli figli, di cui parla Plinio. Né io posso supporre, come fa Winkelmann, che Scopa, e Prassitele abbiano entrambi lavorato un gruppo di Niobe, e che questi gruppi fosseto in Roma l’uno, e l’altro, poiché Plinio l’avrebbe detto; e tanto maggiormente, che nel 1. 34. cap. 8. sect. 19. §. 26. e segg. numera a parte gli artisti diversi, che aveano rappresentato gli stessi soggetti. Io credo bensì che la favola di Niobe fosse replicata in più luoghi per mano di altri artisti, come ha già notato il sig. Lanzi nella più volte citata descrizione della suddetta galleria, art. 1. c. 5., nel Giornale de’ Letterati Tomo XLVIL anno 1781. pag. 76., arguendolo da due statue nel museo Capitolino, delle quali possono vedersi le figure presso Bottari Mus. Capit. Tom. iiI. Tav. 42., da una di casa Colonna, forse la più bella di tutte, da un’altra di proporzione minore nella villa Albani, e finalmente dalle due di Verona, e d’Inghilterra; ma per riguardo al gruppo di Firenze io lo crederei originale, o almeno copia di quello di Prassitele. Oltre l’autorità del citato epigramma greco, e quella d’Ausonio Epitaph. 28., che a lui attribuiscono un gruppo di Niobe, può ricavarsi una forte congettura da ciò, che osservò il signor Mengs nella detta prima lettera, pag. 6.; cioè, che la testa della Niobe è uguale (e principalmente nella capigliatura) alla testa molto bella della Venere del Vaticano, ora nel Museo Pio-Clementino; testa, che certamente è la sua, non essendone mai stata staccata. Questa Venere, soggiugne egli, è certamente copia d’altra migliore; e a Madrid nel reale palazzo si conserva una testa ad essa in tutto similissima, ma di una perfezione tanto maggiore, che non vi resta comparazione. Or siccome è provato che quella statua di Venere è copia della Venere di Prassitele a Gnido, come ho notato qui avanti pag. 192. not. a.; così noi possiamo argomentare, che la Niobe, a quella somigliante, sia anche opera di Prassitele: e dalla bellezza della testa di Madrid, che potrebbe essere l’originale della Venere di Gnido, possiamo inferire, che la Niobe a quella molto inferiore in bellezza, come lo è la testa della Venere del Museo Pio-Clementino, non sia altro che una copia dell’originale Niobe del medesimo artista, se non si vuol credere lo stesso originale.

  1. Se ne veggono le figure presso il Gori Mus. Florent. Statuæ, Tab. 73. 74., e presso Fabroni nella citata dissertazione, Tav. 16., unitamente a tutte le statue della detta Niobe. Questo celebre scrittore s’impegna alla pag. 19. e 20. a sostenere, che tal gruppo le appartenga. Il signor Lanzi l. cit. pag. 182. rispetta questa opinione, ma non l’adotta.
  2. Quella del vinto si crede comunemente antica; l’altra fecondo alcuni professori è ritocca, secondo altri è moderna, ma lavorata egregiamente, Lanzi l. cit. pag. 180.