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d a i s u o i p r i n c i p j ec. | 213 |
nel fuoco1. Di tale statua può dare un’idea un piccolo gruppo della Farnesina, in cui un vecchio mette un intiero majale nella caldaja, sotto cui sta soffiando un fanciullo, che sostiensi su un ginocchio piegato.
- ↑ lib. 34. cap. 8. sect. 19. §. 17.
Faber ærarius. Plinio l. 36. c. 5. sect. 4. §. 10. loda molto una di lui opera in marmo esistente a Smirne; ma dice insieme, che la sua celebrità era pel bronzo, come aveva diffusamente scritto nel l. 34. c. 8. sect. 19. §. 3., ove nel numerarne le opere in questa materia, vi mette espressamente il Discobolo. Luciano finalmente ne parla anch’egli loc. cit. §. 18. 19. 20. come di una statua di bronzo insieme a varie altre della stessa materia. Dunque in bronzo era l’originale, e la statua in marmo altro non sarà che una copia. Per tale si riconosce non meno, se si rifletta, che essa ha qualche parte difettosa, o non finita, come il piede sinistro, il ginocchio destro, e parte del collo; e che un lungo puntello dello stesso marmo attaccato alla coscia destra le reggeva, quando fu scavata, il braccio steso in alto: il che faceva certa deformità, la quale non poteva lasciar credere, che un si valente artista avesse voluto scegliere un’azione tanto storta, ci eseguirla in una materia, che per reggersi avesse avuto bisogno d’un tal sostegno, il quale la deformasse, e togliesse in gran parte il merito dell’invenzione. Colla scorta di quella intiera statua è stato osservato, che il torso della statua nel museo Capitolino, di cui si vede la figura nel Tomo iiI. di esso museo, Tavola 69., restaurato per un gladiator caduto, altro non fosse, che una copia dello stesso Discobolo; siccome un altro torso restaurato in altra maniera, posseduto già dal sig. Gavino Hamilton in Roma, e passato ora in Inghilterra. Io poi sospetterei, che potesse aversi come una terza copia la statua più conservata in molte parti, e perciò più riconoscibile, della galleria Granducale a Firenze, restaurata prima per un Endimione, e per tale spiegata dal Gori Mus. Florent. Statuæ, Tab. 21., ove ne da la figura; e in appresso, come ci avvisa il signor Lanzi nella descrizione di quella galleria, art. 1. par. 2. cap. 5. pag. 76., adattata per un figlio di Niobe unito alle llatue del gruppo, di cui si è parlato qui avanti pag. 199. e segg. Tante copie, lavorate da buona mano, fanno ben conoscere quanta fosse la stima, che gli antichi facevano dell’originale. Esso viene descritto da Luciano, come esistente ancora a’ giorni suoi, vale a dire dopo i tempi di Trajano, al principio del secondo secolo dell’era cristiana, in cui viveva, come può vedersi preso Bruckero Hist. tric. philos. Tom. iI. per. iI. par. I. lib. I. cap. iI. sect. VIII. §. 7. p. 615. seg., nell’atrio di un palazzo in Atene, ed era insieme col Diadumeno di Policleto, di cui si è parlato alla pag. 195., colle statue d’Armodio, e Aristogitone, nominate alla pag. 192. not. c., dopo che furono riportate dalla Persia, non si sa precisamente da chi, come osserva Meursio Ceram. gem. c. 19. op. Tom. I. col. 483., che peraltro lo stesso Luciano mette nel Foro della città in Paras. §. 48. op. Tom. iI. p. 873., seppur non sono diverse. Se potessimo argomentare del suo merito dal lavoro delle copie, si potrebbe dire, che ne fosse ben lavorato principalmente il corpo, nel lavorare il quale Mirone era più diligente, come ho già notato con Plinio alla pag. 210. n. b., di quello fosse riguardo ai peli del pube, ed ai capelli, che qui sono poco rilevati, e accennati con de’ piccoli tratti non molto incavati nel marmo. La punta del piede così piegata indietro a prima vista non pare naturale per uno, che voglia in tal modo acquistar forza, ed elasticità. Ma pure non deve credersi un errore dell’artista. Mirone vedeva gli atleti, e i giuocatori del disco. Voleva rappresentarne uno nel momento di lanciare, e nel punto più difficile della mossa. È egli credibile, che uomo tanto esercitato, e maestro lo facesse a capriccio senza guardarlo in quell’atto, e che nessuno scrittore ne rilevasse il difetto; ma quelli facessero anzi a gara nel commendarlo, i buoni artisti nel moltiplicarne le copie, ed i Romani nell’acquistarle? Luciano avrà veduti que’ giuocatori, e non per quello ha trovato errore nella statua, che anzi egli la descrive colla punta del piede ritorta in quella guisa, come propria d’un giuocatore nel momento di alzarsi, e di avventare il disco. Noi non sappiamo la forza degli antichi atleti, e i mezzi, che essi adopravano per acquistarne coli’ esercizio; ma dovea certamente esser grande. Ne abbiamo tutte le cognizioni degli antichi artisti per giudicare del merito delle loro opere. Anche in altre statue rinomate si sono voluti trovare dei difetti, che poi si è provato in appresso non essere stati altro, che difetto di cognizione dell’arte antica, e d’esperienza in chi giudicava. Vedi appresso al Libro XI. Capo iiI. §. 14., e Tomo I, pag. 349., 392.
§. 33. Chiu- |