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224 Storia dell’Arte presso i Greci

che Marziale, parlando della nostra statua, chiama Apollo fanciullo:

Ad te reptanti, puer insidiose, lacertæ
Parce, cupit digitis illa perire tuis1.

In terzo luogo tre figure d’Apollo Sauroctono si sono fino a noi conservate: una in marmo nella villa Borghese, sebbene sia alta quanto un giovane adulto, pure ha le fattezze d’un fanciullo, e dee tal Apollo chiamarsi impubere. Tale è un’altra più piccola figura dello stesso dio nella medesima villa, ed hanno amendue unito il tronco e la lucerta. La terza è nella villa Albani: essa è di bronzo, e già ne parlammo al Libro VII.2. La figura che ho pubblicata ne’ miei Monumenti3, è presa dalla villa Borghese, poiché a quella della villa Albani, che probabilmente è lavoro dello stesso Prassitele4, mancava il tronco e la lucerta, quando fu disotterrata5.



§. 16. Ric-


  1. lib. 14. n. 172. [Il dotto P. Paoli nella più volte lodata dissertazione Della Relig. de’ Gentili, ec. par. iiI. §. LXVI. pag. 177. nega, che Marziale intenda parlare di questa figura, e vuole, che nel di lui distico non debbasi riconoscere altro, se non se un volo di fantasia, e un pensiere spiritoso da poeta, col quale nel mentre che di un’aria nobile all’azione, fa ancora al fanciullo stesso un elogio. Ma pure è chiaro, che Marziale parla di quella statua. Ne è una prova chiarissima il titolo stesso dell’epigramma, Sauroctonos corinthius, che combina con quello di Plinio; e ce ne persuade l’atteggiamento della figura, al quale non ha fatto avvertenza il lodato scrittore. Si veda la stampa in fine di quello Tomo. Marziale non poteva descriverlo meglio, e più spiritosamente, che appunto col dire: O fanciullo insidioso, perchè vuoi tu uccidere quella lucertola? Non vedi che da per sè stessa vuol morire nelle tue dita: Apollo mezzo nascosto tende insidie ad una lucertola per ucciderla con una saetta in una mano, mentre essa rampicandosi per il tronco dell’albero va incontro all’altra mano appoggiata in cima del medesimo, colle dita mezzo piegate, in atto come di stringere. Neppure è stato capito Marziale dall’Arduino nelle emendazioni al detto libro di Plinio, n. XII., ove lo spiega come se la bestiola avesse desiderato morire nobilmente, morendo per le mani di un sì nobile fanciullo: e così scrisse perchè non aveva veduto né la statua, né le figure in rame del Saurottono.
  2. Cap. iI. pag. 36. Una ve n’ha nel palazzo Costaguti, nominata da Winkelmann nei Monumenti antichi, al luogo, che cita qui. Un’altra, anche in marmo, ne ha il Museo Pio-Clementino, di cui si dà la figura nel Tom. I. di esso Tav. 13.
  3. num. 40.
  4. Il sig. ab Visconti alla detta Tav. 13. la crederebbe piuttosto una copia alquanto minore dell’originale, perchè le altre di marmo sono più grandi, e alcune, fra le quali quelle del Museo Pio-Clementino, e di villa Borghese, sono di più elegante lavoro.
  5. Non meno celebri dell’Apollo Sauroctono furono, oltre la Venere di Guido, il suo Satiro (Περιβόητος) e il suo Cupido. Da un fatto riferito da Pausania l. 1. c. 20. pag. 46. ben si scorge quanto fossero care allo stesso Prassitele queste due statue. Era desiderosa Frine, celebre cortigiana, di aver in dono una delle sue opere, che avesse egli stesso giudicate delle più eccellenti.