Pagina:Storia delle arti del disegno II.djvu/351

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presentato, la quale è ignuda, com’esser lo sogliono le figure de’ Greci, e non mai quelle de’ Romani, siccome già sopra avvertimmo colle parole di Plinio1.

§. 30. Non potendo qui dunque scorgersi Papirio, potrebbe credervi rappresentata Fedra che dichiarasi amante d’Ippolito, al che pur conviene una certa vergogna, quale espressa scorgesi sul di lei volto, ove non vedesi il menomo indizio di quello scaltro sorriso, che un moderno scrittore, giusta supponendo la prima denominazione, s’è immaginato di vedervi2. Tanto più verosimile sembra tale spiegazione, quanto che non solo sappiamo che gli antichi maestri più volte rappresentarono questo soggetto, ma lo scorgiamo tuttora nelle loro opere rimateci, fra le quali due ve ne sono nella villa Albani, ed una nella villa Panfili. Ma ciò non ostante non sa pienamente appagarmi quell’opinione. Ivi sembrerebbe che Fedra avesse dichiarato l’amor suo ad Ippolito, il che, secondo Euripide, essa mai non fece. Altronde i capelli in amendue le figure sono recisi e corti quali suole portarli Mercurio; laddove, presso gli antichi Greci, i giovani di quella età soleano generalmente portar lunga capigliatura, ed ha sempre una qualche particolare significazione la chioma recisa3.

Tom. II X x §. 31. Que-


  1. In una delle pitture delle Terme di Tito composta di tre figure s’immaginarono alcuni di ravvisare questo medesimo tratto della storia Romana; ma, dice il signor Carletti „non potendosi qui render ragione della terza figura, rivolgansi eglino piuttosto ad altro fatto luminoso; e se mai loro non sovvenisse, rammentino a proprio ristoro, quanto degli storici libri, quanto de’ mitologi si è funestamente perduto, e cessi una volta la smania, ed il fasto di ritrovare a viva forza in ogni pittura, in ogni sasso il loro originale„. Ivi egualmente ignuda è la figura che credesi di Papirio.
  2. Du Bos Reflex. sur la poes. & sur la peint. Tom. I. sect. 38. pag. 400. segg.
  3. Si veda Tom. I. pag. 364. n. 1, pag. 379. §. 37., pag. 433. §. 14., ove nella not. b. ho notato secondo Plutarco, nelle calamità essere stata regola generale che le donne greche si recidessero i capelli, e gli uomini se li lasciassero crescere; all’opposto dei Romani, tra i quali gli uomini non tagliavano nè capelli, nè barba, come si è veduto qui avanti pag. 308. col. 2., e le donne anzichè tagliarsi i capelli, sciolti li portavano per le spalle, e scarmigliati, come nell’esempio, che dà Plutarco ai funerali del loro padre. Converrebbe dunque trovare una ragione particolare, per cui Papirio, e sua madre, romani, avessero dovuto portare la chioma recisa in quella occasione; e non avrebbe dovuto trasandarla fra i più moderni il signor abate Dolce nella Descriz. istor. del museo di Crist. Denh., Tom. iiI. n. 38.