Pagina:Storia delle arti del disegno III.djvu/23

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sull’Architettura, degli Antichi. 5

portico avanti, e uno addietro1. Il tempio maggiore, che è il meno danneggiato, ha sei colonne in amendue i portici, e quattordici per fianco, numerando per due volte quelle degli angoli2. In simil modo è ornato l’altro tempio di sei colonne tanto nell’aspetto d’avanti, quanto in quel di dietro, e di tredici nei lati3. La cella, ossia l’interno del tempio4, in ambedue era, secondo la regola ordinaria, chiusa con un muro: quella del grande aveva innanzi e dietro un portico particolare, o vestibolo di due colonne all’ingresso, coi pilastri negli angoli; e dentro aveva due ordini di sette colonne per ciascuno, delle quali molte sono ancora in piedi. Alla cella dell’altro tempio non vi è vestibolo se non che nella parte avanti collo stesso numero di colonne che nel precedente5: dentro la cella medesima, vedo il fondo vi è un’eminenza in forma di un quadrilungo, la quale mostra di aver servito forse per un altare6.


Nel


  1. Questa distinzione di portici è inutile dopo che si è detto, che le tre fabbriche sono tutto intorno circondate da un ordine di colonne isolate, vale a dire, da un portico. Se ne vedano le piante nelle Tavole III. VII. X. Vitruvio lib. 3. c. 2. non fa questa distinzione. Non possono poi dirsi anfiprostili, come li dice anche Major pag. 27. 30. 31., secondo la propria significazione di questa parola presso Vitruvio loc. cit.; dicendosi anfiprostili quei tempj, che hanno soltanto colonne da amendue le fronti, avanti cioè, e dietro. Al più si potrebbero dire peritteri, che secondo lo stesso Vitruvio erano quelli, i quali aveano tanto nell’aspetto d’avanti, quanto in quello di dietro sei colonne per parte, ed ai fianchi undici comprese quelle dei cantoni. Vedi anche le Osservazioni sul citato tempio di Girgenti in Sicilia, che è simile a quei di Pesto.
  2. Vedi la Tav. III.
  3. Vedi la Tav. VII.
  4. Questa parte dei tempj era senza dubbio chiamata cella, perchè era piccola in paragone di tutto l’edifizio, i di cui portici, che giravano intorno alla cella, occupavano la parte principale. Noi abbiamo adottato da Perrault, nella sua traduzione di Vitruvio, i! termine di dedans du tempie, che sembra corrispondere a quella parte, che nelle nostre chiese si dice il coro. [ Questo è un errore manifefto dell’Annotator Francese; mentre Vitruvio lib. 4. cap. 3. chiama cella il corpo del tempio, come lo chiama qui bene Winkelmann, e gli altri scrittori generalmente: e Vitruvio dice lo stesso cap. 7., parlando della maniera di fabbricare i tempj all’uso toscano; come toscani, o etruschi sono i tempj di Pesto, secondo il detto innanzi. Il coro all’uso nostro corrisponde alla cella piccola, o edicola, di cui parlerò qui appresso, come crede Polleto De foro rom. lib. 1. c. 3.; o all’adito, come pensa il P. Minutolo Dissert. 5. sect. 1. de Templis, in supplem. Ant. Rom. Poleni, Tom. I. col. 108. seg.; seppure l’edicola non corrisponde piuttosto a quella, che diciamo Confessione, come si vede in tutte le antiche chiese di Roma, ove serve di altare principale.
  5. Il numero delle colonne è diverso. Due sole ne sono per ciascun vestibolo del tempio grande; e quattro intiere nel vestibolo unico del piccolo, con due mezze colonne ai due pilastri, o cantonate della cella. Vedansi le citate Tav. III. e VII.
  6. La sua forma, e la maniera, ond’è