Pagina:Storia delle arti del disegno III.djvu/285

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D I S S E R T A Z I O N E

S U L L E   R O V I N E   D I   R O M A.


La ristrettezza di un’annotazione non avendomi permesso di trattare con qualche ampiezza del proposto argomento nel Capo ultimo della Storia delle Arti del Disegno1, ove ne era opportuna l'occasione, ho stimato meglio di farne qui a parte un più esteso ragionamento. L’oggetto principale è quello di vedere se i Barbari, che tante volte si sono renduti padroni di questa regina del mondo; se i Romani stessi, e se il Pontefice s. Gregorio il Grande in ispecie, abbiano devastata la loro patria, distrutti gli edifizj, i tempi, le statue, ed altri monumenti dell’arte, che al tempo degl’imperatori la rendeano il più bello spettacolo dell’universo. Non solo il volgo degl’ignoranti si sente alla giornata farneli rei; ma il volgo dei dotti ugualmente lo ripete senza riflessione, e il nostro Winkelmann anch’egli al citato luogo vi propende; tranne s. Gregorio, di cui se non ne parla a questo luogo, ha però esposti ben chiari i suoi sentimenti in qualche lettera. Vi è stato per altro qualcheduno fra i tanti moderni scrittori, che ha voluto in qualche modo richiamare ad esame la troppo franca condanna di quella gente, ma eccedendo per la parte opposta.

Comincieremo a parlar dei Barbari; degli altri ne discorreremo in seguito. Pietro da Barga ha preso a difenderli in una lettera2, ove pretende far vedere, che costoro poco, o nulla di danno apportarono alle fabbriche di Roma o pubbliche, o private; e sulla di lui autorità ripete la stessa cosa monsignore, poi cardinal, Furietti3. Il ch. Ti-


LI 2 ra-


  1. Vedi qui avanti Tom. iI. p. 419. §. 9.
  2. De privatorum, publicorumque ædificiorum urbis Romæ eversoribus.
  3. De Musivis, cap. 5. pag. 72.