Pagina:Storia delle arti del disegno III.djvu/403

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zi, e precipitate dai soldati greci addosso alle truppe di Vitige. Con tutte quelle notizie restiamo incerti di due cose: primieramente chi fosse, che unì la Mole alla città, riducendola ad uso di fortezza; e in secondo luogo, se al tempo di Procopio vi fossero ancora intorno que’ due ordini di colonne, che si dice averla circondata; uno più grande alla parte di sotto, l’altro più piccolo nella parte di sopra. Sapendosi che Onorio1 risarcì le mura della città, congettura il Nardini2, che questo, o qualche altro imperatore abbia compreso in quelle il Mausoleo. Io piuttosto ne farei autore il re Teodorico, che le mura parimente restaurò3, come già notammo; servendo a provarlo il nome di Carcere di Teodorico, con cui fu chiamato il Mausoleo sin al secolo X., perchè vi teneva presidio questo re, secondo che scrive Teodorico a Niem4 ove parla dell’imperatore Ottone I. Esservi stato intorno un ordine di colonne dalla parte inferiore, non può metterà in dubbio sì per la tradizione antica di ciò; si perchè oggidì ancora vi sono gl’indizj della imposta della volta, che partendoli dal maschio andava a terminare sulle colonne formando il portico. Volgarmente si dice, che il primo ordine tolto ne fosse da Costantino per ornare la basilica di s. Paolo; e che le colonne dell’altro ordine più piccolo siano quelle di verde antico, che oggidì veggonsi nella basilica Lateranense a regger le nicchie nella navata di mezzo5. Questo si asserisce; ma ho già detto innanzi, che nessuno ha mai saputo darne la minima prova. Tolto questo primo ordine di colonne, che erano le principali, sembra che dovesse cadere anche il superiore: e cadendo questo, o levato anche il solo primo, in qual maniera vi sarebbero restate sulla

Tom. III. C c c som-


  1. Claudiano De VI. Consul. Hon. v. 331.
  2. Roma ant. lib. 1. cap. 8.
  3. Cassiodoro Chron. all’anno 500. oper. Tom. I. pag. 395.
  4. Nemor. union. labyr. tract. 6. oper. pag. 480., De schism. lib. 3. c. 10 pag. 158.
  5. Venuti loc. cit. par. 2. c. 5. pag. 120.