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Pagina:Storia delle arti del disegno III.djvu/89

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sull’Architettura degli Antichi. 71

§. 65. I tempj quadrati non aveano generalmente veruna finestra, e non ricevevano il lume se non che dalla porta, per dar loro così un’aria più augusta illuminandoli colle lampade1. Che non ricevettero lume da altra parte che dalla porta, ce lo attesta espressamente Luciano2. Anche le più antiche chiese cristiane ricevevano un debol lume; e in quella di s. Miniato a Firenze vi sono in cambio dei vetri delle sottili lastre di marmo a varj colori, per traverso alle quali passa una scarsa luce3. Qualche tempio roton-


do,


  1. Osserva il signor barone Riedesel Voyag. en Sic. ec. let. 1. pag. 40., che all’antico tempio della Concordia in Sicilia non si trova alcun indizio di finestre; onde pensa che non ricevesse altro lume che per la porta. Ma però dice alla pag. 51., che nel Convento di s. Niccolò della stessa città vi è un piccolo tempio domestico assai ben conservato, che ha una piccola finestra antica.
  2. De domo, §. 6. oper. Tom. iiI. p. 193. [ Winkelmann non ha avuta troppa pazienza nel leggere Luciano. Questi lodando una casa, dice fra le altre cose, che appena levato il sole restava illuminatissima anche dalla porta, perchè questa era voltata all’oriente, come solevano anticamente farvisi rivoltate le porte dei tempj: quod enim pulcherrimam diei partem spectat (est autem pulcherrima, & amplissima pars principium), & tollentem statim caput solem excipit; quod valvis apertis luce ad satietatem repletur; quo pofitu templa faciebant antiqui: e non poteva dirlo riguardo alle finestre, perchè segue a dire, che quella casa ne aveva da tutte le parti.
    Per quella porzione dei tempj antichissimi, a Luciano si accorda Porfirio presso Celio Rodigino Lect. antiq. lib. 12. cap. 1. Ma l’opposto scrive Clemente Alessandrino Strom. lib. 7. n. 7. oper. Tom. iI. pag. 856. seg. Igino De limit. agror lib. 1. dice come Luciano, e che poi fosse mutata la facciata verso ponente; come Vitruvio ancora prescriveva di fare a suo tempo, lib. 4. cap. 5. I Cristiani d’oriente hanno ritenuto l’uso più antico; quei d’occidente hanno adottato l’uso romano, per quanto cioè lo permetteva la situazione del luogo. Veggasi Bellarmino De cultu Sanct. lib. 1. cap. 3., Calmet Dissert. de templ. veter. in Comment. liter. in Sacr. Script. Tom. iI. pag. 628., Niccolai Il Daniele, par. 1. dissert. XII. p. 288. segg., Schoepflin Alsat. ill. Tom. I. l. 2. sect. 6. §. 125. p. 505., e le note al luogo citato di Clemente Alessandrino. È particolare l’osservazione, che fa il barone Riedesel Voyage en Sic. ec. let. 1. pag. 40. intorno al tempio della Concordia a Girgenti; cioè, che la porta della cella fosse rivolta verso ponente; ma per entrarvi bisognasse salire nel colonnato per la parte opposta d’oriente, e poi girare intorno.
  3. È pure falso, che le più antiche chiese cristiane avessero poca luce, come avea già fatto osservare diffusamente Ciampini Vet. mon. Tom. I. cap. 7. e colle antiche fabbriche, e coll’autorità degli antichi scrittori. Egli nota, che in tante chiese di Roma, per esempio, le finestre sono state ristrette in appresso per restaurarle, o per guardarsi dal freddo, o dai monaci per meditare più raccoltamente con poca luce. Crede Gian Cristoforo Harenberg De specular. vet. c. 1. n. 2. in Thes. novo theolog. philol. Ikenii, Tom. iI. pag. 830., che gli Americani antichi, i Cinesi, e gli Abissinj facessero i loro tempj con poco lume, come narrano i viaggiatori, per dar loro un’aria maestosa. Ma generalmente ne’ bassi tempi in Europa si saranno fatti così per ripararsi dal freddo: almeno per questa ragione credo possano essere strate fatte in tal guisa alcune chiese antiche in Pigna mia patria nel contado di Nizza di Provenza; la più antica delle quali dedicata a Dio in onore di s. Tomaso apostolo, dell’antichità per lo meno di otto in nove secoli, benché sia molto vasta, non ha che un occhio mediocre alla facciata, e ai lati poche feriture a modo di balestriere, alcune delle colano diretta al signor conte di Bruhl, di cui parlammo nel Tom. I. pag. I. n. b scritta in lingua tedesca, pag. 53., e qui inseriti dall’editor francese per compimento della materia; dicendo Winkelmann al luogo citato, che avrebbe voluto piuttosto parlare delle stesse cose in una seconda edizione, che meditava di queste Osservazioni.