Pagina:Storia di Milano I.djvu/311

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fasto. Il Martene ci ha conservata la lettera che quell’Augusto ne scrisse a Federico, duca di Lorena, in cui lo informa che fra morti e prigionieri si contavano diecimila de’ nostri; e lo stesso autore ci ha conservata la lettera che l’imperatore scrisse al senato e popolo romano, al quale trasmise i rottami del nostro carroccio: Antiquos namque in hoc recolimus Caesares, dice l’imperatore, quibus ob res praeclaras victricibus signis gestas, senatus populusque romanus triumphos et laureas decernebant, ad quod, per praesens nostrae Serenitatis exemplum, vias votis vestris a longe praeparamus, dum, devicto Mediolano, currum civitatis, utique factionis Italiae principis, ad vos victorum hostium praedam et spolia destinamus, arrham vobis magnalium nostrorum et gloriae vestrae praemittimus. Da questo fatto si raccoglie di quanta considerazione fosse Milano in que’ tempi, factionis Italiae civitas princeps.

Gl’infelici avanzi del macello di Cortenova dovevano perire attraversando le terre di Bergamo; poichè la totale sconfitta da noi sofferta aveva fatto nascere un timore sommo nelle altre città: nessuno osava dichiararsi più per noi, trattone Brescia, Piacenza e Bologna, città le quali mantennero