Pagina:Storia di Milano I.djvu/384

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I due eserciti non si offesero, anzi i Francesi dopo due giorni piegarono le tende, e ripassate le Alpi, tornarono alla loro patria, lasciando la Lombardia come prima. Si credette da alcuni che le due botti fossero ripiene di monete, e che Matteo con quelle armi si fosse difeso. Per quanto miti fossero i ripieghi di Matteo, il papa non voleva in conto alcuno nè tregua nè pace; anzi da lui si voleva annientato nell’Italia il potere nascente de’ Visconti. Il papa spedì un breve in cui diceva che, quantunque Matteo Visconti avesse deposto il titolo di vicario imperiale, nondimeno aveva osato chiamarsi signore di Milano; e in pena di questo disprezzo della Santa Sede lo scomunicò. Ordinò che la scomunica si pubblicasse in tutte le chiese, e citò nuovamente Matteo a comparire in Avignone a dire le sue discolpe. Il cardinale legato Bertrando del Poggetto, da Asti, ove si era domiciliato, spedì a Milano certo Ricano di Pietro, suo cappellano, incaricato di consegnare il breve. Ma appena era il cappellano disceso nell’albergo, si vide attorniato da un grosso numero di sgherri, i quali l’obbligarono a rimontare tosto a cavallo, e partirsene: di che se ne lagnò il cardinal legato in una sua enciclica: individuando che nemmeno si era voluto permettere che facesse abbeverare i cavalli, e il cappellano e i suoi seguaci dovettero lasciare a mezzo il loro pranzo, facendogli persino difficoltà dalla gran fretta di ripigliare il cappello, che aveva deposto, e scortandoli direttamente fuori dello Stato senza permetter loro di parlare con alcuno. Se il cardinal legato trovava biasimevole Matteo, perchè si