Pagina:Straparola - Le piacevoli notti I.djvu/198

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cantasse. La quale, ubidientissima alla sua Signora, prese la cetra; e fattasi al dirimpetto del Re, con soave e dilettevol voce, toccando col plettro le sonore corde, ordinatamente li raccontò l’istoria di Biancabella, non però mentovandola per nome. E giunta al fine dell’istoria, levossi Samaritana, ed addimandò al Re qual convenevole pena, qual degno supplicio meritarebbe colui che sì grave eccesso avesse commesso. La matrigna, che pensava con la pronta e presta risposta il difetto suo coprire, non aspettò che ’l Re rispondesse, ma audacemente disse: Una fornace fortemente accesa sarebbe a costui poca pena a quella che egli meriterebbe. Allora Samaritana, come bragia di fuoco nel viso avampata, disse: E tu sei quella rea e crudel femmina per la cui cagione fu tanto errore commesso. E tu, malvagia e maladetta, con la propia bocca te stessa ora dannasti. E voltatasi Samaritana al Re, con allegra faccia gli disse: Questa è la vostra Biancabella. Questa è la vostra moglie da voi cotanto amata. Questa è colei senza la quale voi non potevate vivere. Ed in segno della verità comandò alle tre donzelle, figliuole del vecchiarello, che in presenza del Re le pettinassino i biondi e crespi capelli: da i quali, come è detto di sopra, ne uscivano le care e dilettevoli gioie, e dalle mani scaturivano mattutine rose ed odorosi fiori. E per maggior certezza, dimostrò al Re il candidissimo collo di Biancabella intorniato da una catenella di finissimo oro, che tra carne e pelle naturalmente come cristallo traspareva. Il Re, conosciuto che ebbe per veri indizi e chiari segni lei esser la sua Biancabella, teneramente cominciò a piangere ed abbracciarla. Ed indi non si partì, che fece accendere, una fornace: e la matrigna e le figliuole messevi dentro. Le quali, tardi pentute del peccato suo, la loro