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PARTE PRIMA | 37 |
di cose allora esistente. Chi sa quante menti furono allettate da quell’esca sgraziata, quanti cuori ambiziosi fremettero, in quel tempo, per l’ansia d’una corona, se non independente, simile almeno a quella degli altri prìncipi d’Italia, o a quella che i Visconti, i Gonzaga o gli Estensi possedevano un tempo?
Eranvi sì in questo partito, del pari che in tutti gli altri, alcuni uomini il cui animo, naturalmente onesto, era solo traviato da falsi raziocini e dalla passione. Coloro, per esempio, che non avevano occhi se non per vedere i torti del governo francese, credevano giusto il muovere mari e monti per atterrarlo. Coloro ch’eransi veduti sì crudelmente delusi e traditi da Napoleone, sentivansi tratti invincibilmente a confidare nei nemici dello stesso imperatore, ragionando all’un di presso in questi termini: “Abbiamo qui due partiti, l’uno a fronte dell’altro; se la slealtà, la mala fede, la durezza dell’animo e l’avidità sono il tristo corredo del primo, la probità, il candore, la mansuetudine, la generosità saranno certamente le doti dell’altro. Ora, il primo si è il governo francese; buttiamoci adunque con piena fiducia nelle braccia degli Alleati, e guardiamoci bene dal concepire il minimo sospetto contro di loro”. Questo linguaggio, ch’è pure strano assai, era adunque parlato da due classi d’uomini; la prima composta di animi naturalmente piccioli e stolti, cui acciecava per altra parte una soverchia vanità; l’altra, di uomini talmente indispettiti contro il governo francese, che ottimo loro pareva tutto che non procedesse da quest’obbietto della loro avversione; di uomini i quali, avendo rivolta contro di esso ogni loro diffidenza, non si tro-