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40 PARTE PRIMA

cerè di abbandonare l’Italia e di ridursi in Francia con tutte le sue truppe italiane e francesi, onde raccozzare così lo sforzo intiero del suo partito. Fu il principe Eugenio immerso da questo comandamento nelle più crudeli perplessità. Contuttochè egli fosse sinceramente affezionato e devoto all’imperatore, suo padre adottivo e suo benefattore; contuttochè nodrisse una preferenza pur troppo viva per la sua patria, a detrimento dell’Italia, il vicerè era uomo tuttavia, e principe, e padre di famiglia: vo’ dire che non avrebbe rinunziato senza rammarico ad un’alta condizione, ad uno splendido aringo, a una corona independente. Ritirandosi con le sue truppe in Francia, poteva Eugenio ritardar la caduta dell’imperatore; ma allontanandosi dal paese cui egli governava tuttora, e che poteva essergli conservato, ei rendeva certa la caduta propria. Difettava evidentemente il vicerè di idee chiare e ferme quanto a politica. Fra quali partiti aveva egli l’elezione? Serbar fede all’imperatore, servirlo sino all’ultimo e perire con lui; — o abbandonare l’imperatore, e volgersi dalla parte delle potenze alleate, come avea fatto il re di Svezia, e come parea volesse fare Murat; — o separarsi dall’imperatore, senza contrarre alleanza coi nemici di lui, lo sposar francamente la causa dei popoli a lui sottomessi, chiamandosi apertamente loro capo e loro difensore ad un tempo. Il primo partito sarebbe stato nobile, ma dissennato; il secondo, giudizioso, ma vile; il terzo, nobile, giudizioso e generoso ad un tempo. Ma Eugenio non seppe abbracciarne ricisamente alcuno. Non era già sì devoto all’imperatore da indursi a rifiutare una corona di cui potea non essere debitore ad altri che a sè stes-