Pagina:Studi intorno alla storia della Lombardia negli ultimi trent'anni.djvu/74

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62 PARTE PRIMA

da’ suoi eguali e da’ suoi superiori come loro capo, questo generale di secondo grado, che, testimone della caduta dell’imperatore, presumeva di potere assidersi nel seggio di lui? Egli era quel desso che avea fatto partire per a Sesto Calende i due corpi da me menzionati; ma non parendogli sufficiente questa precauzione, il mattino del giorno 20 facea chiudere tutte le truppe nei loro quartieri. Il che è si vero, che essendo venuto fatto al signor Vercelloni di raccozzare quaranta o che granatieri de’ veliti e quarantotto dragoni a cavallo sotto il comando del capitano Bosisio, cui condusse alla prefettura di polizia, che era pochi passi stante dal luogo in cui accadevano gli orrendi fatti che sto per descrivere, in quella appunto che questa poca soldatesca, giusta gli ordini del prefetto di polizia Giacomo Villa, stava per recarsi al luogo del tumulto, il colonnello Cima, aiutante di campo del generale Pino, frettoloso accorrendo, ingiunse al capitano Bosisio di ricondurre immantinenti i suoi soldati nel proprio quartiere, e di tenerveli chiusi fino a nuovo ordine. Io debbo qui riferire un’altra circostanza di fatto, toccante il generale Pino, che merita di essere ricordata: ed è che appunto nel mattino del 20 di aprile questo generale riscosse una somma di cinquantamila franchi, statagli da poco conceduta a titolo di gratificazione dal vicerè.

Due catastrofi, funeste entrambe del pari alla independenza italiana, segnalarono l’infausto giorno 20 d’aprile. Mi fo ora a descrivere la prima in ordine di tempo, la quale fu pure la meno deplorabile.

I senatori eransi indettati di raunarsi di bel nuovo il 20 d’aprile, sebbene i loro deputati, eletti nel dì 17,