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I monumenti pelasgici e gli antichi oggetti che giornalmente ritrovansi in ogni parte d’Italia ascosi nelle sue sacre viscere e così protetti dalle rapaci voglie dei più crudeli invasori, presentano tal congegno di manufatto da esser in molti casi d’incomparabile imitazione; le figurine ed i gioielli dell’epoca arcaica etrusca ti fanno ben riconoscere esser quelli oggetti prodotto di civilissimo popolo. Noi conosciamo già quanto dovesse esser civilizzata Italia nell’epoca antistorica; perchè dovremmo supporre esser quegli oggetti pelasgici ed arcaici prodotti di Oriente? Perchè non dovremmo crederli di un carattere esclusivamente italico? Non abbiamo dalle storie e dalle stesse tradizioni di Grecia ampia notizia sulla parte dell’umano sapere a cui ha diritto Italia fin dai più remoti tempi?

Noi sappiamo che l’italico Giano imperò in Italia dopo la cacciata di Saturno (Macrob., lib. I, cap. 7, 8, 9) (14 secoli prima nell’èra volgare e 3 avanti la presa di Troia); e al quale si attribuisce la conquista delle Indie sotto il nome di Bacco o Iacco, e che fu il primo sovrano che battesse moneta; la greca civiltà cercava fra i Locresi d’Italia l’origine delle sue leggi; Dicearco da Messina scrisse tanto sapientemente sulla scienza dei governi che gli Spartani vollero nel pretorio annualmente letti ai giovani i suoi scritti; si crede che fossero i Toscani i primi inventori dell’àncora e dei rostri come ancora dell’arte della guerra e della disposizione degli eserciti: Atisteo, che credesi l’inventore del cacificio e della coltura delle api e degli ulivi, visse in Sicilia ed in Sardegna; la macina da grano fu inventata dai Vol-