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200 EMILIO SALGARI

a morire di fame e di sete ed avevo serbata la mia ultima palla per cacciarmela nel cranio.

— Vediamo che cosa fanno, — soggiunse Giorgio. — Forse non ci hanno ancora scorti e chissà, che non se ne vadano ancora prima che sorga il sole. —

I tre avventurieri si curvarono sui rami e guardarono attentamente fra le artensie.

L’oscurità e la foltezza delle piante non permise loro di contare il numero degli assedianti, però dai grugniti che echeggiavano in tutte le direzioni e che pareva aumentassero ad ogni istante d’intensità, si convinsero subito di aver da fare con una vera banda.

Le bestie dovevano ormai essersi accorte che gli avventurieri si erano rifugiati sul grosso albero e si chiamavano a vicenda, radunando e stringendo le loro file.

— Che cosa ne dici, John? — chiese Harry.

— Che fra poco saremo ben circondati, — rispose l’indian-agent, tirandosi nervosamente i baffi.

— Che non ci lascino?

— Oh no!...

— Se provassimo a fucilarne alcuni?

— Non faresti altro che irritare maggiormente i superstiti e sprecare le munizioni, e poi non ci conviene fare troppo fracasso ora che ci troviamo sul territorio battuto dalle bande di Caldaia Nera.

Sai tu dove si trovano quei vermi? Possono trovarsi più vicini di quello che credi.

— Ed allora saremo costretti a dormire quassù e nutrirci di fiori di cedro. Ci fossero almeno dei frutti!...

— Ci stringeremo intanto la cintola dei calzoni, — disse Giorgio.

— Sarà una stretta un po’ lunga, — osservò John. — E quel dannato gambusino? Io penso sempre alla scomparsa misteriosa di quell’uomo.

— Ti dico io che i pecari lo hanno sorpreso addormentato e sventrato, — disse Harry. — Se si fosse messo in salvo su qualche albero non avrebbe mancato di farci qualche segnale.

To’!... E Minnehaha?

— La piccola verme si sarà appollaiata sui più alti rami dell’albero. Lascia che stia pure lassù, giacchè non può esserci di nessuna utilità.

Orsù, armiamoci di pazienza ed aspettiamo che questi dannati animali se ne vadano, se pure se ne andranno. —

Le tenebre cominciavano ad alzarsi e dileguarsi, ma i pecari non parevano affatto disposti a rinunciare alla loro vendetta.

Gli animali erano ormai visibili, poichè l’alba s’avanzava rapidissima annunciando l’imminente comparsa dell’astro diurno.

Erano non meno di trecento, non più grossi dei cinghiali comuni, armati di zanne lunghissime e robustissime, quali bigi e quali nerastri