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46 EMILIO SALGARI

John non era però un uomo da lasciarsi sorprendere, nè da perdere la sua cavalcatura, troppo preziosa nella prateria.

Abbassò il rifle che impugnava colla mano destra e lo scaricò nelle fauci aperte del bestione, facendogli inghiottire ad un tempo il piombo, lo stoppaccio, la fiamma ed anche il fumo.

Il baribal, colle mascelle fracassate, la bocca piena di sangue, rimase un momento come istupidito e fu la sua perdita, poichè anche i due scorridori della prateria, quantunque avessero un gran da fare a tener fermi i loro mustani, avevano fatto fuoco.

Le due detonazioni furono seguite da un urlo spaventoso che coprì per qualche istante lo scrosciare delle acque del torrentaccio, poi il baribal, tenendosi sempre ritto sulle zampe deretane, indietreggiò di alcuni passi, scuotendo la testa che non si sapeva più ormai che cosa fosse, quindi ruzzolò al suolo, allungandosi tutto.

Le mascelle, quasi completamente staccate, si alzarono un momento con uno strano ed impressionante scricchiolio, poi, dopo un sussulto, la massa s’irrigidì vomitando sangue a catinelle.

— È morto!... — gridò Harry, il quale si trovava più vicino. — Aveva il diavolo in corpo questo animalaccio? Ho ucciso altri orsi, ma mai ne ho affrontati di così feroci.

— A terra!...— aveva comandato John.

Legarono i cavalli e si diressero verso il torrentaccio, giungendovi nell’istesso momento in cui approdava lo sconosciuto che per poco non aveva servito di colazione all’orso.

Come abbiamo detto, era un uomo alto, magro, nè vecchio nè giovane, quantunque la sua fronte avesse già delle profonde rughe, ancora saldo in gambe e certamente dotato d’una forza poco comune.

Quantunque indossasse il pittoresco costume dei gambusini messicani, ossia dei cercatori d’oro, che consumano la loro esistenza nel cercare senza posa delle miniere che poi difficilmente lavorano, si sarebbe stati assai imbarazzati a dire a quale razza appartenesse.

Aveva bensì in testa il berretto tondo di pelle di castoro, col lungo pelame ricadente sugli òmeri: indossava la vistosa casacca di cotone azzurro stretta ai fianchi da una cintura di pelle di daino ed abbellita da cordoni di vario colore; di sotto portava un paio di mitasseass, ossia di calzoni di pelle non conciati che si affondavano in due mocksens indiane, specie di uose ricamate e dipinte per difendere le gambe dalle spine; tuttavia lasciava molti dubbi sul suo vero essere.

Si sarebbe detto che apparteneva alla razza indiana pura piuttosto che alla meticcia, poichè la sua pelle era oscura con delle sfumature rossastre assai rilevate, i suoi capelli erano lunghi, nerissimi e grossolani, il suo naso aquilino, gli zigomi assai sporgenti e gli occhi piuttosto obliqui come quelli della razza mongola ed un po’ cisposi.

Aveva pero conservata un po’ di barba radissima e non si era strappate le sopracciglia come usano i pelli-rosse.