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mia opinione che non poteva accordarsi con quella delle due donne e sapevo che se avessi adottata la loro, avrei provocate delle nuove scene da parte di Guido. Poi mi sarebbe dispiaciuto troppo di far apparire esitante il mio aiuto e infine eravamo d’accordo con Ada che la decisione doveva venire da Guido e non da me. Gli dissi che bisognava calcolare, vedere, sentire anche altre persone. Io non ero un tale uomo d’affari da poter dare un consiglio in argomento tanto importante. E, per guadagnare del tempo, gli domandai se voleva che consultassi l'Olivi.

Bastò questo per farlo gridare:

— Quell'imbecille! — urlò. — Te ne prego lascialo da parte!

Non ero affatto disposto di accalorarmi alla difesa dell’Olivi, ma non bastò la mia calma per rasserenare Guido. Eravamo nell’identica situazione del giorno prima, ma ora era lui che gridava e toccava a me di tacere. E’ quistione di disposizione. Io ero pieno di un imbarazzo che mi legava le membra.

Ma egli assolutamente volle io dicessi il mio parere. Per un’ispirazione che credo divina parlai molto bene, tanto bene che se le mie parole avessero avuto un effetto qualunque, la catastrofe che poi seguì sarebbe stata evitata. Gli dissi che io intanto avrei scisse le due quistioni, quella della liquidazione del quindici da quella di fine mese. In complesso al quindici non si aveva da pagare un importo troppo rilevante e bisognava intanto indurre le donne a sottostare a quella perdita relativamente lieve. Poi avremmo avuto il tempo necessario per provvedere saggiamente all’altra liquidazione.

Guido m’interruppe per domandarmi: