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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/417

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410 DEGLI ANNALI

i già potenti, in pericolo per tal novità, non più bisbigliando, ma sbuffando alla scoperta dicevano: „Mentre lo strione corse per suo il letto del principe, vergogna fu, ma non rovina. Ora questo giovane nobile, bello a maraviglia, vicino al consolato, fa più alto disegno. Chi non vede di tal matrimonio la conseguenza?„ Metteva certamente paura il veder Claudio grossolano, preda della moglie, che aveva fatto ammazzar molti. Confidavano d’altra banda per esser egli dolce, e ’l fatto atrocissimo, poter far prima uccidere che accusare. Ma il fatto stare, che ella le sue ragioni non gli dicesse, nè eziandìo confessando avesse udienza.

XXXIII. E prima discorsero insieme Calisto, di cui parlai nella morte di Cesare, e Narciso, che tramò quella d’Appio, e Pallante favoritissimo; se meglio fosse minacciarla segretamente se non si levava da questo amore di Silio, non curando il restante. Poi, temendo di non ci rompere il collo, si ritirarono, Pallante, per codardia, Calisto avendo nella passata corte imparato, che le vie caute più che l’ardite mantengono in grandezza. Narciso stette in proposito, ma procurò che ella non penetrasse nè l’accusa nè l’accusatore: e aspettando l’occasione, dimorando molto Cesare in Ostia, strinse due sole molto usate femmine a darle l’accusa, donando, promettendo, mostrando che, cacciala questa moglie, salirebbono in cielo.

XXXIV. Calpurnia, una di queste, tosto che n’ebbe l’agio, abbracciate le ginocchia di Cesare, gridò, „Messalina s’è rimaritata a Silio. Non l’hai tu inteso, Cleopatra?„ che era l’altra quivi ritta: „Ben sai che sì ho.„ Egli fece venir Narciso, il quale