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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/419

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412 DEGLI ANNALI

per l’avversità fuor di sè, prese animo d’incontrar il marito e mostrarglisi; il che le aveva spesse volte giovato: e mandò Britannico e Ottavia ad abbracciar lor padre, e Vibidia, la più vecchia Vestale, ad impetrarle perdono, come pontefice massimo. Intanto ella con tre soli (sì tosto piantata fu) passò Roma a piede dall’una parte all’altra, prese una carretta da nettare orti, e si mise in via d’Ostia, senza increscerne a persona, per sì brutte scelleratezze.

XXXII. Cesare nondimeno temea molto della fede di Geta generale, al bene come al male voltabile di leggieri. Onde Narciso volto a’ compagni al medesimo pericolo, disse: „Cesare non potersi salvare se non dava a uno di loro liberti, per quel dì solo, tutta la potestà di comandare a’ soldati„; e offerissi a prenderla. E perchè andando a Roma non facessero L. Vitellio e P. Largo Cecina pregar Cesare a misericordia, gli dimandò e ottenne d’entrar seco in cocchio.

XXXVIII. Molto si disse, che ora abbominando il principe la ribalda moglie, ora ricordando le sue dolcezze, e que’ figliuolini, Vitelìio non disse mai, se non: „Oh gran cosa! Oh scelleratezza!„ Narciso gli faceva instanza che parlasse chiaro e si scoprisse. Ma non fu vero che da lui nè da Cecina traesse che parole mozze e doppie. Appariva già Messalina, e gridava: „Ecco la madre d’Ottavia e di Britannico: odila:„ e Narciso le copriva la voce, sclamando di Silio e delle nozze: e divertì Cesare dal guatarla, dandogli a leggere una lista di sue disonestadi. Affacciavangli alla porta della città i comuni figliuoli, e Narciso gli fe’ levar via. Non fu riparo che Vibidia non chiedesse agiamente che non facesse