Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/189

Da Wikisource.

in cui rimise il Senato lo eleggere gli ambasciadori, con gran leggerezza ne nominò, scusò, scambiò; secondo che si raccomandavano d'andare o rimanere, per timore o speranza.

XX. Vennesi al modo del provveder danari : e tutto sottilizzato, il più giusto parve ritraili onde venia la strettezza. Cinquantacinque milion d'oro aveva Nerone sparnazzato in donare ; citò ognuno a renderli, lasciando loro dieci per cento; che tanti loro non n' eran rimasi, avendo dissipato il loro e quel d'altri , e dato fondo a stabili e mobili ; lasciatosi i più rapaci e pessimi, gli strumenti soli da esercitar vizj. Trenta Cavalieri romani ne furon fatti riscotitori ; uficio nuovo e di molto aggravio, per l'ambizione e gran numero; essendo per tutta la città venditori e offeritori all'incanto; una sola allegrezza vi avea, che non erano men poveri a cui Nerone avea donato , che a cui tolto. Furon cassi in que' dì alcuni Tribuni, due Antoni, Tauro e Nasone Pretoriani, Emilio Pacese delle coorti di Roma, e Giulio Frontone delle guardie di notte. E non furono esempio agli altri; ma principio di paura, di non esser sospetti tutti, e a poco a poco cacciati.

XXI. Otone allora, che non poteva sperare nella quiete, ma tutto nel garbuglio, avea molte passioni; spesa, grave fino a uu principe, povertà intollerabile anche a privato, ira con Galba, invidia a Pisone; e facevasi, per più pugnersi queste paure : » Essere stato a Nerone molto noioso; non poter più aspettare che Portogallo, o altro governo, ricuopra suo esilio; aver sempre chi regna in odio e sospetto il più vicino a succedere. Avergli ciò nociuto col principe vecchio; e più il farebbe col giovane, atroce e