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300 amore nell'arte

quale flessibilità meravigliosa nel suo stelo!» — E nel chinarsi a raccoglierlo, aveva intraveduto la sua immagine nella superficie trasparente del fiume, — la sua immagine brutta, laida, ributtante... Bouvard sedette sopra la riva e pianse lungamente con abbandono. Egli avrebbe almeno desiderato un cuore, cui confidare il segreto delle sue prime sofferenze; e forse la tenerezza melanconica di sua madre aveva compreso quanto tesoro di affetti si rinchiudesse nell’animo delicato di quel fanciullo, forse nella madre avrebbe trovato un’amica, ma quell’amica doveva essergli presto rapita; — a dieci anni Bouvard era rimasto solo nel mondo.

Un giorno suo padre gli aveva detto: — Mio caro figliuolo, tu hai dieci anni compiuti, e quantunque tu sia alquanto malaticcio e la tua figura non sia per verità delle migliori, le tue forze sono ora abbastanza sviluppate, e puoi bastare, d’ora in avanti, a te stesso: — io conto di andare nella Francia, ed è tempo che noi ci separiamo; prenditi la mia marmotta e la mia gironda, è assai più di quello che io potrei darti, ma il cielo compenserà almeno colla tua fortuna il sacrificio generoso di tuo padre.

Bouvard prese la via di Bonneville, e dormì la prima notte in un canneto lungo la riva del torrente. Era una bella notte di agosto, egli non aveva veduto mai tante stelle, nè inteso così bene quel rumorìo che fanno le locuste nelle stoppie, e quei mille suoni soavi e ineffabili che producono le foglie in una notte serena di estate. Parve a Bouvard di sentire in sè stesso qualche cosa di inusitato: — egli non aveva sonno, egli non aveva paura, non stanchezza, non disagio, si sentiva calmo e tranquillo — un sentimento infinito di benessere gl’infondeva per tutte le fibre una dolcezza non mai provata fino allora: — era pensieroso ad un tempo e sereno.