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308 amore nell'arte

Nelle loro peregrinazioni per quelle campagne essi amavano talora di dormire nelle notti d’estate a cielo scoperto, e d’inspirarsi alla musica della natura; — e se entravano qualche volta nei villaggi, non era che per farvi intendere quell’armonia che ne avevano attinta, come un’emanazione improvvisa del loro genio, come un tributo dovuto a quegli uomini che li soccorrevano nei bisogni della loro vita materiale. Compiuta la loro missione, essi ritornavano ai loro campi, — e spesso Bouvard conduceva il suo compagno ad assidersi lungo le rive dei torrenti, o in quei seni remoti delle valli dove il vento agita continuamente le grandi foglie di cerri, e dove erano molti usignuoli che cantavano nelle notti serene fino al mattino.

— Vedi tu il sole? — gli domandava il vecchio qualche volta, — è egli ancora così luminoso, come quando io lo vedeva nella mia fanciullezza? Dammi la tua mano, lascia ch’io tocchi il tuo viso e i tuoi capelli; che io senta se le tue fattezze sono quali erano pure le mie in quel tempo.

Fanciullo com’era, Bouvard dormiva la notte profondamente, e spesso nel suo sonno l’udiva discorrere con sè stesso, o pregare. Una notte l’intese suonare così dolcemente, che mai il giovane aveva udita una musica così sublime: — egli pensò che uno di quegli angeli, di cui gli aveva parlato una volta sua madre, fosse disceso ad apprendergli quell’armonia che si doveva sentire soltanto nel cielo: — poi l’udì gemere e mormorare alcune preghiere, — poi non udì più nulla. — Si destò al mattino ch’egli dormiva ancora, — attese che si destasse, indugiando egli, lo scosse..., era morto! Bouvard pianse alcuni giorni, poi lo seppellì assieme col suo violino, sotto tre grandi alberi che crescevano lì presso, lungo un torrente che metteva nel Rodano,