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mi disse che attendeva da Venezia una sua cugina, che me l’avrebbe fatta conoscere, e l’avrebbe pregata di fermarsi a pranzo con noi; le facessi buon viso. All’indomani mi presentò diffatti una donna giovane e avvenentissima, cui volle che baciassi e trattassi con intimità pari alla sua. Non sospettai di nulla, e fui lieta della compagnia di quella sconosciuta che era venuta ad interrompere per un istante la tediosa monotonia della mia vita. Mi parve che quella donna mi ponesse affetto, e provasse un interesse singolare per me. Ricevetti nel giorno seguente un suo biglietto, in cui mi diceva:

«Devo parlarvi di cose che riguardano il vostro avvenire, vi aspetterò in mia casa (via Borgo Nuovo, N. 7). Che vostro marito nol sappia, o tutto sarebbe inutile. Se avete cara la vostra felicità, venite».

«Vi andai col cuore tremante. Appena entrata la mi buttò le braccia al collo, con atto di espansione rozzo ma sincero; e mi disse: — Povera creatura, voi siete rovinata, voi siete stata ingannata, tradita… Non sapete? Quell’uomo, vostro marito, non è né il conte di B…, né il marchese di C… — che so io? — Egli si è tosto fatto chiamare con tutti i titoli possibili. — Egli non è altro che un barattiere, un cavaliere d’industria, un cattivo soggetto. Io, che non sono mai stata sua cugina, so dirvi che egli è un fiore di briccone, che ha moglie in Dalmazia e due figli: io ve ne darà la vita e i miracoli. Ho conosciuto suo padre, dalmato anch’esso, impiegato nella polizia austriaca a Zara; ho conosciuta sua moglie, una povera ragazza che egli ha ingannato come voi, e abbandonato come abbandonerà voi pure. Se volete sapere tutte le sue furfanterie, le ho sulle dita. Non vi fidate, lasciatelo, tornate a casa vostra. So che vi ha già estorto delle somme considerevoli; me lo disse lui stesso, fra poco vi spoglierebbe di tutto il resto. Egli passa la sua