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avrei potuto abusare della sua fede colla maggiore sicurezza possibile. Né oso dire ora quanto mi affliggessi di quell’abuso parziale che era costretto a farne. Questo cruccio era una delle amarezze più acerbe di quell’affetto; poiché, quasi non avesse bastato a torturare la mia coscienza il conoscerlo sì leale e sì ingenuo, egli mi aveva fatto alcune confidenze che mi avevano potuto dare una misura della stima altissima in cui teneva il mio carattere. Mi aveva raccontata tutta la vita di Fosca, quale io l’aveva appresa da lei, e mi aveva parlato con dolore dell’affanno in cui lo poneva il pensiero delle sue angoscie intime e della sua salute incurabile.

— Questa spina — mi aveva egli detto sovente con quel suo linguaggio rozzo, ma schietto ed affettuoso, è ciò che non mi lascia avere un’ora in pace. Non v’è cosa sì fuori di posto come una donna che viva con un soldato. Portarla di qua, portarla di là... co’ suoi nervi, ella che non ha più salute di un invalido! Se un soldato potesse avere una casa propria come gli altri galantuomini, meno male; ma noi siamo invece condannati a girare di paese in paese come il giudeo che ha dato lo schiaffo al Signore. Quando ci penso, mi accapiglierei con Domeneddio. Farci brutti e senza salute, vada; ma lasciarci soli e senza una gioia al mondo, è troppo. I libri poi hanno finito di rovinarla. Al diavolo i libri! Per me li ho sempre avuti cari come uno stecco in un occhio. — Voi avete molta pazienza con lei, ve ne ringrazio. Voi siete un giovine dabbene, un giovine intelligente, e la vostra compagnia le piace. Vi ammiro; quando aveva la vostra età non aveva un’oncia della vostra calma, e dirò anche del vostro giudizio. Non vi faccio altri elogi, perché gli elogi sono della natura del vino — ubbriacano. Ho stima di voi, e potendolo, sarei felice di giovarvi. Ecco tutto.

E mi stringeva la mano con calore; e mercè quella