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ch’io, e sorridere ancora alla vita! Ma la gioventù è dei giovani, e le gioie non sono che dei felici!»

Giunto sul pianerottolo, mi rivolsi, e vidi ch’ella era rimasta immota sull’uscio, e mi accompagnava dello sguardo, e pareva commossa e pensosa. Aveva ella compreso che io era sventurato, e aveva sentito il bisogno di confortarmi del suo affetto e della sua compassione?

Dirò cosa antica come l’amore. Bastarono quello sguardo e quella mestizia. Da quel momento le nostre sorti furono gettate. Io l’aveva vinta con l’unica attrattiva che vi era in me, — quella da cui le donne sono prese assai raramente, ma cui, ove lo sieno, inorgogliscono spesso di cedere senza resistere, perchè comprendono di mettersi così sulla via di una missione che le santifica — l’attrattiva della sventura.

Trovai il mio amico, e mi installai nel suo appartamento.

Ebbi da lui notizie di quella donna. Suo marito era giovine e avvenente, occupava una carica distinta in un’amministrazione governativa; non erano ricchi, ma parevano agiati e felici; avevano un figlio; essa si chiamava Clara: quando non agucchiava presso una piccola finestra che guardava nel cortile, leggeva romanzi sul suo balcone, seduta in mezzo a’ suoi vasi di fuxie e di geranii; suonava anche il pianoforte e cantava.

Passai quella prima notte in una specie di delirio; lessi l’epistolario di Foscolo — l’uomo antico — e rividi in un’allucinazione le scene passate della mia vita. Mi pareva che tutto fosse finito lì, con quel giorno, con quella fuga, coll’incontro di quella donna; travedeva non so quali gioie nell’avvenire.

Fui riscosso per tempo dal suono di un pianoforte che veniva dal piano sottostante. Apersi la finestra e mi affacciai dal mio balcone. Era un mattino lucido, caldo,