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268 amore nell'arte

Ofen; era uscito di tutela due giorni prima, e andava a domiciliarsi nella capitale dell’impero, con ventidue anni, due cavalli amburghesi, uno spartito di Mozart nella sua valigia e un ordine di pagamento di cento mila fiorini sopra una banca principale di Vienna. Riccardo Waitzen si sentiva equilibrato come un principe nella sua carrozza; egli non era mai stato così felice, e poiché la felicità eccessiva sente assai spesso della natura del dolore, il giovine era portato a sentimenti malinconici, e guardava il sorgere del sole dietro le foreste del lago di Neusiedl con aspetto cupo e turbato, come se quel giorno fosse stato l’estremo della sua felicità e delle sue speranze. Questa sensibilità, che si eccita e si ridesta alla vista della natura, ci dice che Riccardo non era cattivo, e che il suo animo era suscettibile di sentimenti delicati e profondi: sì, egli era tale, e lo sarebbe per certo rimasto se egli non fosse uscito da Ofen, se gli avvenimenti futuri della sua vita non ne avessero sconvolto l’indole e il cuore. Poveretto! il giovine non aveva più nè padre nè madre, anzi egli non li aveva conosciuti; non aveva ricevuto quella dolce e perseverante educazione della famiglia che s’immedesima in noi e perdura a traverso tutte le peripezie della vita: uscito da un collegio a diciotto anni, egli conosceva le coniugazioni latine e i primi elementi della storia, sapeva suonare un valzer di Bach, e cantare una cabaletta di Schubert o di Thalberg, ma il suo cuore era rimasto costantemente la parte più negletta di lui: egli non aveva amato, egli non si era mai sentito tratto ad amare; la sua natura lo chiamava soltanto al piacere, all’incostanza, alla vita clamorosa e felice. Riccardo non aveva che una passione, una sola, ma energica, prepotente, assoluta, la passione ruinosa del giuoco, e fu da essa che ebbero origine quegli avvenimenti che noi stiamo