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fosca 27

la felicità e la grandezza di un tale amore non possono essere raccontate.


VI.


Perchè noi ci amavamo diversamente da tutti gli altri. I nostri piaceri più ardenti consistevano spesso in alcune fanciullaggini senza nome, in alcune puerilità che ci avrebbero fatto sorridere se non ci fossimo amati sì ciecamente.

Una delle sue soddisfazioni più vive era di far colazione con me, di mangiare con me dei confetti, di mangiarne molti, e tutti metà per uno; di ravviarmi i capelli, di guardare, come i bambini, la sua immagine riflessa nelle mie pupille.

Conoscevamo tutti i più piccoli sentieri di queste praterie tristi e monotone. Vi facevamo delle lunghe passeggiate; quando si toglieva la mantiglia e il cappello, ne piantava gli spilli in qualche foglia d’ellera abbarbicata ad un salice, e nelle nostre scorrerie venture andavamo poi a cercarli. Non sono più di pochi mesi che sono riuscito ancora, dopo quattro anni, a trovarne due irrugginiti dalle pioggie e dal tempo.

Ci sedevamo spesso lungo i ruscelli a veder scorrere l’acqua; e strappavamo alcuni steli di erba che avevano in fondo una cannuccia tenera di sapore quasi dolce, e ce ne offrivamo a vicenda, dicendoci scherzevolmente:

— Assaggia questo.

— Oh, il mio è molto più saporito!

— Questo è eccellente.

— Eccone uno che è squisitissimo.

E ridevamo, ed esclamavamo di noi stessi: Che fanciulli!»