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320 amore nell'arte

mità..., essa sola, — sempre essa..., quella inesorabile condanna, quella terribile distinzione, quel marchio indelebile della natura, che nè l’arte, nè il cuore, nè l’ingegno avevano avuto potere di distruggere. Un orribile desiderio balenò allora attraverso alla sua mente, — il desiderio di una deformità più mostruosa, di una bruttezza sì spaventevole, che, spingendo gli uomini a rifuggirne, avesse potuto saziare in lui l’avidità ineffabile dell’odio, quella nascente avidità che aveva già surrogato nel suo animo la prima e nobile aspirazione dell’amore.

Tale è la vicenda degli affetti, e quelli soltanto che furono miti e volgari si spengono soventi nell’apatia: ma niuna via di mezzo è concessa alle grandi passioni, e l’odio e l’amore, che ne segnano i due punti culminanti, si alternano nella pienezza del loro vigore senza mescersi e senza arrestarsi. Egli è tuttora mal deciso quale sia veramente la più nobile e la più giusta di queste due passioni, poiché l’una ci viene dal cielo e l’altra dalla terra, e l’una predomina nella società e l’altra nella vita privata, ma egli è ben certo che, nella maggior parte degli uomini, è l’odio soltanto che finisce per riempiere quel vuoto che non ha potuto riempiere l’amore.

Noi non diremo che Bouvard odiasse: — la sua vita avvenire non offrì circostanze si palesi da poterlo asserire con sicurezza; forse lo aveva solamente desiderato, e ciò è desolante nella nostra natura, che i buoni desiderino sempre indarno di diventare malvagi, e i malvagi buoni. Si muore egli dunque quali si è nati? E che è questa fatale predestinazione che la nostra volontà non ha potere di distruggere? Bouvard amava ancora Giulia: — per una strana contraddizione dell’anima umana, per la potenza irresistibile che il bello esercitava sopra di lui, egli amava ancora quella fanciulla: — ma non era