Pagina:Tarchetti - Fosca, 1874.djvu/80

Da Wikisource.
78 fosca

«Siete anzi voi che mi dovete secondare in un’opera così difficile. È necessario che io conservi la mia stima, voi la vostra pace, ella le sue illusioni. Faccio appello alla vostra generosità, al vostro cuore. Non vi è miglior mezzo di guarire dell’amore che amando. Non mi dovete odiare, perchè non l’ho meritato. Il bene chiama il bene: stimandomi, avrete cara la mia stima, è vi adoprerete a meritarla.

«Io non posso cessare di frequentare la vostra casa, lo sapete; la mia lontananza creerebbe dei sospetti pericolosi alla vostra tranquillità. Fate che io non vi debba essere motivo di afflizioni, che possa vedervi con sicurezza e stringervi la mano senza timore. Ogni altro rapporto tra noi è impossibile.

«Se questa lettera vi pare fredda; è segno che sono riuscito a nascondervi il dolore che mi lacera il cuore. Si è ingrati di tutto al mondo, mai però di un affetto, perchè è il solo beneficio che non ci umilia e che lusinga la nostra vanità. Potete dunque calcolare sulla mia gratitudine.

«Voi avete pronunciato, nel lasciarmi, delle parole che mi hanno fatto piangere, perchè mi hanno fatto conoscere il vostro cuore. Lasciate che io le ripeta ora per voi: Siate benedetta, siate benedetta 1»

Uscii io stesso dopo la mezzanotte ad impostare quella lettera. Sentiva che era stato ben crudele nella mia stessa pietà. Affrettarmi tanto a disingannarla!... I sentimenti che aveva espressi in quelle pagine erano sinceri, ma io li aveva attinti dal mio egoismo più che dalla mia compassione.

Ciò che mi stava a cuore era la mia felicità, era togliere di mezzo quell’ostacolo che ne aveva minacciate le dolcezze.

Non so se la felicità abbia potere di renderci egoisti,