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o se l’egoismo sia una condizione assoluta della felicità.

Ma come mi sentiva mutato dacché era felice!

XXII.

Vorrei aggiungere qui alcune altre pagine del mio giornale, su cui ho voluto ricordare le gioie del mio primo incontro con Clara.

Ma perchè ritornare su quella parte del mio passato?

Esso è sepolto assai profondamente. E poi, io non amo più quelle gioie, io le odio. Seno esse che mi hanno ingannato sulla natura e sui fini della vita. Una vita tutta di dolori mi avrebbe conservato pio, severo, inflessibile; avrebbe almeno riempiuto d’orgoglio questo cuore, che ora è ripieno di nulla. Quelle gioie ne hanno invece oscurate le virtù, perchè una esistenza virtuosa non può essere altro che una serie di sacrificii non interrotta. Le dolcezze del mondo son bandite da una vita veramente utile e veramente benefica. Gli alberi che danno frutti hanno fiori modesti e spesso.inodori; i grandi fiori, quelli riechi di petali e di profumi, non sbocciano quasi mai che sulle piante sterili e velenose.

La virtù non ha fiori, ma ha frutti.

XXIII.

La felicità di cui aveva goduto in quei tre giorni aveva infuso in me — ordinariamente si timido — un poco di quella baldanza, di quella fiduóia di sè stessi che hanno tutti gli uomini prosperi. Sapevo che all’indomani del