Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/280

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di gioia nuova, rimirando le fattezze infantili del caro figliuolo nei cari figliuoli di lui. Pensava a questo talvolta, durante le tristi serate invernali, sola nella vastità muta della sua casa cittadina; ma s'impauriva per tale pensiero, si chiamava spergiura, sacrilega, rinnovava il voto di mai togliere a Dio quanto gli aveva liberamente donato; il puro fiore della sua anima, il vivo frutto delle sue viscere.

Ermanno uscì con un libro e si perdette pei campi senza scopo nè itinerario. Egli ignorava completamente l'ebbrezza sconfinata che può largire la solitudine della campagna ad uno spirito alacre. Per anni egli non si era appartato mai; nelle camerate, nelle classi, durante la passeggiata e la ricreazione, per le funzioni religiose ed i pasti, nelle ore di studio, perfino in sacrestia, era circondato dai compagni, sorvegliato instancabilmente dal prefetto, i regolamenti vietando con rigidità al chierico di restar solo. Perchè? Perchè dall'isolamento pullulano le tentazioni ed i cattivi pensieri, ammoniscono Sant'Alfonso e San Francesco di Sales, mentre Ermanno, camminando quella mattina pei solchi e per viottoli in libera solitudine, sentiva germogliarsi pensieri di bontà solerte e riceveva da tutte le cose ammonimento di operosità.

Vide un contadino dentro un orto, che sradicava un giovane albero grandicello e gli domandò.

— Perchè la sradichi questa povera pianta?

— Perchè sta troppo vicina a quest'altro