Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/284

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Ermanno taceva, interdetto, non sapendo che risponderle.

— L'Inferno è assurdo - ella insistè, chinandosi a ogni passo per cogliere erbe aromatiche.

— Non vorresti tu che ci fosse un luogo di punizione pei tristi? - le domandò egli, nella speranza d'imbarazzarla e attendendo che la risposta di lei gli desse agio di orizzontarsi fra il viluppo de' suoi dubbi.

— Prima di tutto l'Inferno ce lo siamo inventato noi a somiglianza delle nostre paure. Fuoco, fiamme, pece bollente, corna di diavoli, code di mostri; tutto questo non è originale.

— Anche gli antichi pagani ammettevano luoghi di punizione - ed Ermanno si pentì di tali parole, che potevano servire di appiglio a Serena per fortificarsi nelle sue eresie. Ma Serena invece disse:

— E poi perchè il Signore punisce i tristi? Se, come giura zia Domitilla Rosa, tutto nel mondo accade per predisposizione divina, i tristi ubbidiscono alla sua volontà, ed è ingiustizia punirli.

Ermanno allora, per convincerla, si dette ad esporle con metodo la teoria del libero arbitrio.

Le stelle, a miriadi, brillavano in cielo, la via lattea distendeva sull'azzurro una zona di velati bagliori; le rane gracidavano pei fossi in lontananza e un grillo zirliva invisibile fra l'erba, mentre le siepi si punteggiavano di gaie fiammelle mobili e il figlio del villano cantava una strana