Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/286

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ma il viso, ch'ella teneva chino, rimaneva nell'ombra dei folti riccioli scapigliati.

— Non andare in collera, Ermanno! Io non rido per te; rido per queste cose.

— Quali cose?

— Le cose che tu mi dici.

Egli tentò d'indignarsi; ma fu vinto da pietà per tanta ignoranza.

— Sciocca, non sono cose, ma sono idee.

Essa buttò indietro il capo, perchè l'aria della notte le sgomberasse dal cervello le nebbiosità dell'errore, ed Ermanno sentì accarezzarsi la gota da un soffio tepido.

— Le idee sono le cose - ella affermò imperterrita, dopo averci riflettuto, ansiosa di apprendere, ansiosa sopratutto di prolungare all'infinito la dolce lezione di Ermanno.

— Tu sei molto sciocca - egli le ripetè dolcemente, e le spiegò come, secondo il sistema di Platone, le cose non sono che ombre pallide, immagini sbiadite delle idee.

— Sei convinta? - le domandò.

Ella accennò di sì vivamente col capo e intrecciò l'altra mano alla mano che già gli teneva infilata nel braccio.

Oh! certo, era convintissima, e la filosofia di Platone doveva essere davvero santa, magnifica, se riusciva così a farle apparire più numerose e fulgide le stelle del cielo.

— Mi piacciono queste cose - ella mormorò con lungo sospiro; ma si corresse e ripetè: - Mi piacciono queste idee.