Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/235

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vano colombe che, in doppia fila, volassero al cielo a portare i voti del suo povero cuore incerto ed oppresso.

Il sacerdote si raccolse un istante, poi, facendo sugli sposi il segno della croce, disse:

— Vi benedica Iddio onnipotente, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

— Così sia!

Flora, alzandosi dall’inginocchiatoio, portava sul viso le tracce dell’interna emozione, e la sua pallidezza era soffusa di leggero incarnato, come quando, all’alba, l’aurora si affaccia ancor timida da oriente e lascia fluttuar il velo color delle rose sulla trasparenza perlacea dell’orizzonte.

Gli occhi glauchi, dove l’interior luce tremava, si fissarono negli occhi sonnolenti di Giorgio, che, obbligato a rimanere in ginocchio tutto quel tempo, aveva trovato il discorso del sacerdote orribilmente lungo.

— Voglio volerti bene — ella mormorò, stringendosi al marito ed arrestandosi ancora un momento con lui presso l’altare, mentre gli altri si avviavano verso l’uscita, e attingendo, per l’audacia, coraggio dalla saldezza dei propositi, aggiunse con accento supplice;

— Voglimi bene anche tu!

Giorgio accarezzò con tenerezza la manina di lei e sorrise.

Quella cara bambina non finiva mai di dire sciocchezze! Volerle bene? Ma, se egli non avesse perduta la testa anche più del bisogno, l’avrebbe forse sposata? Nessuno poteva pensare che egli avesse fatto ciò per interesse, giacché, grazie a Dio, aveva pagato di tasca sua per possederla.

— Certo, certo che ti adoro — egli disse. —