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116.
Attribuisce a la tepidezza de l’amare l’imperfezione de la poesia, ed assomiglia
sé medesimo a la cetra ed Amore al musico.
Allor che ne’ miei spirti intepidissi
Quel ch’accendete voi soave foco,
Pigro divenni augel di valle e roco
4E vile e grave a me medesmo io vissi:
Nulla poscia d’amor cantai né scrissi,
E s’alcun detto i’ ne formai da gioco
N’ebbi scorno tal volta, e basso e fioco
8Garrir non chiaro e nobil carme udissi.