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canto quinto 85


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     Come al cader di quella sacra avviene,
ch’ad ogni cinque lustri apre il gran Padre,
quando la gente di lontan se ’n viene
a Roma a riverir l’antica madre;
che non giovan le sbarre e le catene
a trattener le peregrine squadre
ch’inondano a diluvio, e chi s’arresta
lo soffoga la turba e lo calpesta:
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     tale, al cader de le nemiche porte,
l’impetuosa turba inonda e passa;
e di pianto, d’orror, di sangue e morte
ogni cosa al passar confusa lassa:
il feroce e l’imbelle ad una sorte
cade; ogn’incontro il vincitor fracassa:
fugge il vinto e s’appiatta, o l’armi cede,
e s’inginocchia a domandar mercede:
21
     ma non trova mercé né cortesia,
e in van s’inchina e in van la vita chiede:
il Fotta vuol che Castelfranco sia
esempio eterno a non mancar di fede.
Furore ha luogo, ogni pietá s’oblia,
veggonsi in ogni parte incendi e prede:
e cade in poca cenere un castello,
di cui non era in Lombardia il piú bello.
22
     E giá su le ruine il vincitore
dal lungo faticar stanco sedea,
quand’ecco di lontan s’udí un romore
che rimbombar d’intorno il pian facea.
Venia il campo nemico a gran furore,
che ’l periglio de’ suoi giá inteso avea:
ed era quel che la foresta e i lidi
fea risonar di trombe e corni e gridi.