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Pagina:Terenzio Mamiani Poesie.djvu/327

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idillj. 249

Crezia, non fo per dir, ma in quella veste
Con certi cascamorti i' non rifiuto
Venire al paragone; e quando io passo,
65Qualche fanciulla dice ch' io son l'asso.
          Trovami alcun che vaglia più di mene
I barberi a sostare in capo al Corso,
O tiri nel pallon bòtte si piene,
O faccia tombolar per terra l'orso
70(Quando all'incontro inalberato viene)
Con un sol colpo, senz' altro soccorso:
Trova se piede mai fu così snello
A ballar tutta notte il salterello.
          Per forza e per coraggio io non la cedo
75A niun cristiano, e guai a chi mi tocca!
Lo san molti paini, a quel ch'io credo,
Ch'era lor meglio aver chiusa la bocca:
E sa Monte Testaccio ch'io possiedo
Tanto di core, e non fu prova sciocca
80Contra sette gendarmi a tener duro,
E quattro ne cacciai tra l'uscio e 'l muro.
          Io non séguito l'uso dei Minenti,
Che non rifinan mai di farsi belli.
85Pur dimmi, Crezia, e non vo' già che menti
Per raddoppiarmi al cor punte e martelli:
Dimmi, bocchin d'amore, ov'è che senti
Con me' garbo del mio cantar stornelli,
E far più lungo il trillo e più sonoro
90Quando m'inspiri tu, dolce tesoro ?
          Nė sai che all'osteria del Pellicano
A improvvisar con Beppe ò gareggiato?
E fioccavano i versi a mano a mano,
Ch'io parea legger dentro a uno stampato.
95Di Scevola che al foco arde la mano
E di Virginia bella ò verseggiato ;
E di Lucrezia sopra il gran cordoglio,
E sull'oche per fin del Campidoglio.
          Ma della tua superbia irragionevole
100Ogni di più riscontro la cagione: