Quanto in poter v’avete
A lei, deh nascondete:
Troppo il vedrà quell’infelice, ahi! troppo,
Per se medesma in breve. 10Ma vella! a me d’incontro
Move ridente come l’alba. Or vieni,
Sempre aspettata, vieni
Con le stellanti ciglia
A serenarmi il petto, Elena mia. 15Elena, il tuo bel nome
Di sparsi olj odorosi è più soave,
E nell’anime suona,
Come preludio di celeste canto. Elena. O spirto del mio core, 20O della vita mia intima vita!
Nel giardin degli aromi io son discesa,
Mattutina e romita,
Laddove fior più scelti, erbe più rare
Da estrania man non tocche 25Nudro io medesma e a te le cresco e serbo;
Della stagion novella
Ò colto ivi il tesoro,
E con gentil lavoro òllo spartito
In questa ghirlandella; 30Poi con sospir diss’io
A quell’amor che in mente mi ragiona,
— L’agreste, umil corona
Fa tu gradire al tuo signore e mio. — Manfredi. Deh perchè ’l giglio, amica, 35L’infausto giglio v’inserivi? Oh! mai
Quel fior malaugurato
Non toccherà mia fronte. Elena. Ignara o innaveduta
Come peccai? favella. 40Manfredi. Donna, me ignaro, invece,
E inavveduto appella;
Me al fanciul somigliante
Che a notte, vaneggiando, empie le nere