15In una valle ov’è certo albereto
Presso a quel fiume, a piè d’un poggio lieto.
Deh quante volte e quante ò ripensato
A la mia fanciullezza e al dolce loco !
Quante alle ajole ove tenea serbato 20Più d’un bel fiore, ed all’onesto gioco
Che ruzzando io prendea su per lo prato!
Nè i casalinghi tortori, nè poco
Mi davano piacer l’arnie gremite,
Nè col giovine bracco imprender lite. 25Semplice, fortunata ed innocente
Così vivea; ma d’ogni mal cagione
Mi fu l’aspetto aver grato e avvenente
Più che non suole in rustiche persone.
A un giovin bello, altero ed insolente, 30Ricco e d’assai civil condizïone,
Per gran sciagura io piacqui, e fe’ disegno
D’in me sfogare il suo lascive ingegno.
E tanto me, rozza fanciulla e frale,
Con lusinghe d’amor, con le promesse 35Del rito sacrosanto maritale
Strinse e allacciò, che alfin mi sottomesse.
Ahi quanta m’occupò nebbia infernale,
Quanta del senso ebbrïetà m’oppresse,
Ch’ebbi cor nelle braccia al seduttore 40Di darmi e via fuggir dal genitore!
Corte le gioje e di vergogna tinte,
Fu durevol la pena e fiero il danno.
Quegli dell’ardor suo le voglie estinte
Ebbe e gelate, ancor non volto un anno: 45Da me partissi e con parole infinte
Prese commiato e m’ordi nuovo inganno;
Chè a una femmina rea lasciommi in cura
Vile mezzana altrui di gioja impura.
La quale, oltre a spogliarmi di quell’oro 50Che in partendo colui m’avea largito,
Giunse (a pensarle ancor mi trascoloro)
Di mia beltade a voler far partito