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Pagina:Terenzio Mamiani Poesie.djvu/349

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idillj. 271

15In una valle ov’è certo albereto
Presso a quel fiume, a piè d’un poggio lieto.
          Deh quante volte e quante ò ripensato
A la mia fanciullezza e al dolce loco !
Quante alle ajole ove tenea serbato
20Più d’un bel fiore, ed all’onesto gioco
Che ruzzando io prendea su per lo prato!
Nè i casalinghi tortori, nè poco
Mi davano piacer l’arnie gremite,
Nè col giovine bracco imprender lite.
          25Semplice, fortunata ed innocente
Così vivea; ma d’ogni mal cagione
Mi fu l’aspetto aver grato e avvenente
Più che non suole in rustiche persone.
A un giovin bello, altero ed insolente,
30Ricco e d’assai civil condizïone,
Per gran sciagura io piacqui, e fe’ disegno
D’in me sfogare il suo lascive ingegno.
          E tanto me, rozza fanciulla e frale,
Con lusinghe d’amor, con le promesse
35Del rito sacrosanto maritale
Strinse e allacciò, che alfin mi sottomesse.
Ahi quanta m’occupò nebbia infernale,
Quanta del senso ebbrïetà m’oppresse,
Ch’ebbi cor nelle braccia al seduttore
40Di darmi e via fuggir dal genitore!
          Corte le gioje e di vergogna tinte,
Fu durevol la pena e fiero il danno.
Quegli dell’ardor suo le voglie estinte
Ebbe e gelate, ancor non volto un anno:
45Da me partissi e con parole infinte
Prese commiato e m’ordi nuovo inganno;
Chè a una femmina rea lasciommi in cura
Vile mezzana altrui di gioja impura.
          La quale, oltre a spogliarmi di quell’oro
50Che in partendo colui m’avea largito,
Giunse (a pensarle ancor mi trascoloro)
Di mia beltade a voler far partito