Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/173

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136 Libro

XXVI. Paragone delle sue Salire «on quel le di Orn ¡m. Slupel linee, qui jam post terga reliquit Sciabili la annos Foutejo con su le natus. Sai. 13 , v. 16. Or Fonteio Capitone fu console l’anno 59, ed è perciò evidente che Giovenale scriveva l’anno 119, terzo dell’impero di Adriano. Che se nelle Satire medesime s’incontran cose assai prima avvenute, e che nondimeno si narran da Giovenale come presenti, quali sono la menzione ch’ei fa di Stazio, e dell’applauso con cui udivasi in Roma la Tebaide da lui composta, le amare invettive contro di Paride, ed altre somiglianti, vuolsi avvertire ciò che dallo stesso scrittor della Vita fu pure avvertito, che Giovenale quando rendette pubbliche le Satire da lui scritte, v’inserì que’ versi ancora che molti anni addietro egli avea composti a’ tempi di Domiziano. Così ogni cosa si spiega probabilmente, e all’anno 119, o 120 si fissa l’onorato esilio di Giovenale. In fatti nella satira xv, da lui composta in Egitto nel tempo della sua rilegazione, egli narra un fatto ivi accaduto di fresco , ei dice, essendo console Giunio: nuper Consule Junio gesta. Or Q. Giunio Rustico fu appunto consoleranno 119. La satira xvi, che è l’ultima, credesi comunemente che sia di altro autore. Checchè sia di ciò, poco tempo visse Giovenale in Egitto, poichè alla vecchiezza aggiugnendosi i disagi, come il più volte citato scrittor della Vita racconta, vi morì presto. XXVI. Fissate in tal maniera l’epoche principali della vita di Giovenale, cessar dee la maraviglia che fanno alcuni scrittori, del non