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più diffusamente ne han favellato. E tra questi Polibio, scrittor prudente e cauto, e vissuto nello stesso secolo di Archimede, è certamente degno che, in ciò che narra, gli si presti credenza.


Se egli incendiasse co’ suoi specchi ustorii la navi romane. XXV. A questo luogo appartiene la famosa quistione degli specchi ustorii, con cui pretendesi che Archimede incendiasse le navi romane: nel qual fatto tre cose si hanno a distinguere: cioè in primo luogo, se sia fisicamente possibile trovar tali specchi che ardan le navi a quella distanza a cui esser doveano le romane dalle mura di Siracusa; in secondo luogo, ancorchè ciò sia possibile per se stesso, se le circostanze del luogo permettessero ad Archimede di usare di tali specchi; e per ultimo, ancorchè fosse in ogni modo possibile e verisimile, se questo fatto debbasi avere per certo e indubitato. E quanto al primo, crederon molti del tutto impossibile il trovare uno specchio ustorio di tal forza che produr potesse l’effetto che a quello di Archimede si attribuisce; e anche ultimamente il co. Mazzuchelli nella Vita d’Archimede da lui pubblicata ha preteso di provarlo con matematica dimostrazione. Nondimeno il P. Cavalieri nel suo Trattato degli specchi ustorii, e il P. Kircher nella sua opera intitolata Ars magna lucis et umbrae si fecero a mostrarlo possibile. Una tal possibilità pretesero ancor di mostrare due professori tedeschi Gio. Giorgio Liebnecht, e Giovanni Cristoforo Albrecht in una dissertazione stampata in Altemburgo di Misnia l’an. 1704, di cui hassi un breve estratto nel Giornale de’