Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/239

Da Wikisource.
190 parte terza

altre cose che dirigermi fanciulli erano proprie (in Romulo). Ma io non veggo perchè questo passo di altre scienze intender si debba fuorchè di quelli de primi elementi e degli esercizii del corpo allora usati, che noi ora diremmo arti cavalleresche. Aggiugne, che il formare che fece Romolo i suoi Romani a grandi e magnanime imprese, ci dà motivo di affermare ch’egli non ommettesse le scienze e le arti, che sono il più bello ornamento e la principal gloria d’uno Stato. Ma non si prova che così fosse veramente, e niun indicio ne abbiamo negli antichi monumenti che ci sono rimasti. Nel collegio de’ pontefici da Numa istituito egli ritrova un’accademia di dotti che colle loro veglie e co’ loro scritti potessero istruire quella moltitudine di fuorusciti, cui la severità delle leggi traeva a Roma come ad inviolabile asilo. Eppur sappiamo che Numa stesso se ottenne il nome illustre di filosofo, ciò fu singolarmente e per le savie leggi che a’ Romani prescrisse, e per l'accorgimento finissimo con cui per mezzo di un maestoso apparato di cirimonie, di sacrifizii, di pompe sacre strinse e soggettò quel ferocissimo popolo col possente freno della religione che quanto alla natural filosofia, non abbiam indicio alcuno a provare che Numa fosse in essa versato, se se ne tragga una lieve tintura di astronomia, di cui si valse a regolare non troppo esattamente il calendario. Tale è ancora il sentimento del dotto Bruckero diligentissimo ricercatore delle opinioni degli antichi filosofi. Interim, dic’egli (Hist. Critic. Philosph. t.1, p. 377, ec.), magnum virum