Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/567

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PARTE TERZA gran numero degli infermi non bastavano i medici Eranvi dunque, conchiudono essi, medici in Roma fin da quel tempo. Ma, a parlare sinceramente, io temo che questo loro argomento non sia abbastanza valevole contro l’autorità di Plinio. Non v’ ha chi non sappia che gli storici non rare volte anche i più esatti, quando singolarmente entrano al racconto di qualche memorabile avvenimento, a ciò che vi ha di certo nella sostanza del fatto, aggiungono ancora ciò clic è semplicemente probabile. E se noi volessimo, per così dire, porre alle strette, gli storici più rinnomati, e chieder loro su qual autorità abbian essi affermato, a cagione di esempio, che alla tal occasione tutta una città fu in dolore e in pianto, che alla tal altra fu tutta in giubilo ed in allegrezza, essi sarebbon costretti a rispondere che a narrare cotali cose che al racconto aggiungono ornamento, può bastare ch’esse siano verisimili, e quali in somiglianti occasioni si soglion vedere. Or non altrimenti io penso che dir si possa di questo luogo di Dionigi. Voleva egli descrivere la grande strage che faceva in Roma la peste, e troppo bene cadevagli al suo intento questa espressione che i medici non bastavano al numero degl infermi. Egli usolla dunque, e pensò di dir cosa in tutto verisimile, non riflettendo (e uomo greco, qual egli era, non è maraviglia che non vi riflettesse) che medici a quel tempo non erano in Roma. Ma credasi pur vero ciò che narra Dionigi. Io penso che ciò non ostante da questo detto non si combatta l’allegato passo di Plinio. Questi dice che i Romani vissero