Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/569

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J2° PARTE TERZA Plinio. Era, dic’egli Arcagato celebre singolarmente nel curar le ferite, e detto perciò vulnerario A grande onore lo accolse dapprima il popol romano; gli fu dato il diritto della cittadinanza, e a spese del pubblico gli f„ COIn. pelato I alloggio. Ma poscia sembrando che troppo crudele ei fosse nel tagliare e nel toccare col fuoco le membra offese, ne ebbe il nome di carnefice; e di quest’arte e di tutti coloro che la esercitavano, cominciarono ad annojarsi i Romani. Così Plinio; e da queste parole par che si possa raccogliere, e più chiaro ancora vedrassi da ciò che ora soggiugneremo che altri medici greci o insiem con Arcagato, o non molto dopo venuti erano a Roma. Ma in mal punto vi eran essi venuti. Il severo Catone, implacabil nemico della perniciosa eloquenza de’ filosofi greci, contro dei greci medici ancora si accese a sdegno. Plinio a questo luogo medesimo ci ha conservato un frammento di non so quale sua opera, in cui parlando di essi ben dà a vedere in qual orrore gli avesse. Io temerei di fargli perdere molto della sua forza, se qui nol recassi colle parole medesime di Catone: Dicam de istis Graecis suo loco, Marce fili, quid Athenis exquisitum habeam, et quod bonum sit illorum literas inspicere, non perdiscere, vincam. Nequissimum et indocile genus illorum. Et hoc puta vatem dixisse. Quandocumque ista gens suas literas dabit, omnia corrumpet. Tam etiam magis si medicos suos tuie mi Ite t. Jurarant inter se barbaros necare omnes medicina. Et hoc ipsum mercede faciunt, ut fides iis sit, et facile disperdant Nos quoque