Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/272

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(Dici. art. “ Svetone, rem. F’>), pare anzi che debbasi intendere di troppo ardito disprezzo; perciocchè Adriano avea bensì in odio la sua moglie Sabina, ma non voleva che senza sua saputa? injussu ejus, fosse da altri oltraggiata. Ciò dovette accadere verso l’anno 121, dopo il qual tempo non sappiam se Svetonio vivesse più oltre, e che ne avvenisse. XVIII. Molti e di diverse maniere furono i libri da Svetonio composti, parecchi de’ quali si rammentano da Snida (Le.x. ad voc. Tranquillus) che gli dà il nome di gramatico; e in molti di essi quegli argomenti appunto trattava, che degli antichi grammatici erano propj, come de’ costumi, de’ riti, de’ magistrati romani. Ma questi son tutti periti, e oltre le Vite de’ Cesari, delle quali or ora ragioneremo, di lui ci son rimaste soltanto le Vite degl’illustri Gramatici, e una piccola parte di quelle degli illustri Retori, opere che assai belle notizie ci somministrano intorno alla storia della romana letteratura, di cui perciò abbiam fatto noi pure uso non rare volte. Alcune altre Vite di particolari uomini illustri abbiamo sotto il nome di Svetonio, cioè di Terenzio, di Orazio, di Giovenale, di Persio, di Lucano e di Plinio il Vecchio; ma se traggasene quella di Terenzio, che Donato ci ha conservata col farla sua, e quella di Orazio, che da Porfirione si attribuisce a Svetonio , le altre credonsi da molti opere di altri autori, e quella singolarmente di Plinio, che da alcuni vuolsi scritta più secoli dopo Svetonio (V. Fabr. Bibl. Int. L a, c. 2/1).