Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/322

Da Wikisource.

primo 285

Ma questa nuova carica gli fu fatale. Era egli sulle sue navi, quando il Vesuvio non molto da esse lontano cominciò a gittar denso fumo. Avvisatone da sua sorella madre di Plinio il Giovane, che amendue eran con lui, ed accertatosi di ciò che fosse, fa allestire alcuni legni per recare aiuto a que’ che fossero in pericolo. Fuggivan tutti da’ luoghi circonvicini, ed egli senza timore alcuno volge le prore verso il Vesuvio con tal coraggio, che osservando attentamente ciò che avveniva sul monte, ne descriveva dettando tutte le circostanze. Era già si vicino, che sulle navi incominciavano a cadere e calda cenere e sassi infocati; e al medesimo tempo ritiratosi il mare, non era possibile l’innoltrarsi. Ma egli non perciò atterrito, comanda che volgasi a Stabie, ora Castellamare, ove era un cotal Pomponiano suo stretto amico. Giuntovi con favorevol vento, trovollo costernato e tremante; poichè comunque il pericolo fosse ancora lontano, vedeasi nondimeno farsi ognora più appresso. Egli avea già posta sulle navi ogni sua cosa; ma il vento era contrario, ed impediva il fuggire. Plinio il conforta, e per accrescergli col suo esempio nuovo coraggio, come se nulla vi avesse a temere, entra nel bagno, cena, e abbandonasi a un placido sonno. Frattanto la cenere e i sassi infocati sempre più avanzandosi avean talmente riempita l’area che era innanzi alla sua camera, che se più oltre avesse indugiato, non era possibile l’uscirne. Riscosso dunque sen torna a Pomponiano e agli altri che per timore avean vegliato; e perchè la casa crollando e