Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/398

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motto di lettere nè di libri. Or se Virginio Rufo avesse veramente scritti quei libri, Plinio che aveva in sì gran pregio gli studj, avrebbelo egli dissimulato (a>ì Che poi il Virginio di cui parla Quintiliano, sia 1 autor de’ libri ad Erennio, non vi ha, credo io, ragione che basti o a negarlo, o ad affermarlo. Il Plinio qui rammentato da Quintiliano è il Vecchio, di cui abbiam veduto che più libri avea scritto intorno all’Eloquenza. Rutilio Lupo finalmente sembra quel desso di cui qualche frammento ancor ci rimane nella Collezione de’ Retori antichi pubblicata da Francesco Piteo. XI. Ne’ tempi che venner dopo F impero di Domiziano, nulla minore fu in Roma la copia (a) Il valoroso encomiatore degl’illustri Cimaselo co Giovio crede (Gli Uom. ili Comaschi, p. 4’U 4-^6) che dal passo di Quintiliano qui da me accennato non possa raccogliersi con ceitezza che Virginio fosse già mo. to quando lo stesso Quintiliano scriveva. A ine sembra che quando un autore rammenta alcuni che a* suoi tempi hanno scritto , e poi aggiugne: sonovi anche al presente seri ilo ri ec. debba intendersi che 1 primi son morti. vivi i secondi Se nondimeno pare ad altri che possan credersi vivi anche i primi, io non toglierò loro la sita per sostenere la mia opinione. Egli riflette ancora che l’Iinio non parla, è vero , della letteratura di Virginio nell’elogi da me indicatone, ma che lo nomina tra’ coltivatori de’ buoni studi in un’altra delle sue lettere (’. V ep. 3). Ed è vero eh’egli il nomina insieme con < v erone. con Messala , con Ortensio, ec. Ma è vero ancora che m quella lettera ei non pretende di lulare in essi singolarmente la li He— ralura, ma in sua discolpa li nmn.na come uomini clic benché fosser dotti.simi, inissimi, santissin i, scrisser nondimeno talvolta epigrammi liberi e licenziosi.