Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/214

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SECONDO I53 sì cliian argomenti (Append. ad vol. 1 Ann. Bened.), che non rimanga più luogo a dubbio. Tratto dal suo monastero l’anno 582, e fatto diacono della chiesa romana , fu mandato da Pelagio papa col titolo di apocrisiario ossia di nuncio apostolico all’imperador Tiberio di Costantinopoli , ove abboccatosi col patriarca Eutichio, il convinse, e il fece ravveder dell’errore in cui egli era intorno alla risurrezion della carne. Quindi tornato a Roma e all’amato suo monastero, mentre più dolcemente godeva del suo tranquillo ritiro, ne fu tratto di nuovo , e non ostante la lunga e ferma sua resistenza sollevato alla sede romana dopo la morte del pontefice Pelagio l’anno 590. La carità, la dolcezza, la liberalità verso i poveri sembrarono assidersi con lui sul trono, e con lui divider le cure del vasto e faticoso governo. Basta legger le Lettere scritte dal santo pontefice per ravvisare in lui un amabil pastore, anzi un tenero padre che di altra cosa non è sollecito che de’ vantaggi degli amati suoi figli. Queste sono il più bel testimonio delle virtù di questo santo, che in esse senza volerlo ci ha dipinto se stesso per tal maniera, che non ci fa d’uopo di storici per riconoscere qual egli fosse. La sollecitudine nel provveder le chiese di saggi e vigilanti pastori; le premure per l’amministrazione de’ beni della sua chiesa, cui egli diceva perciò essergli conceduti perchè li nascondesse nel sen de’ poveri; le sagge leggi da lui promulgate per la riformazion de’ costumi; la spedizione di ministri apostolici nell’Inghilterra, e in altre ancor infedeli provincie; la