Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/293

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a3a ubro Magno avea stretta amicizia con Pietro da Pisa, con Paolo Diacono, con Paolino d’Aquileia, e che per mezzo di loro avea cominciato a conoscere, ad amare e a coltivare gli studj. E quindi se ad Alcuino dovette Carlo i progressi ch’ei fece nelle più ardue scienze, a’ tre mentovati Italiani dovette il rivolgersi primieramente ad esse, e lo spogliar l’ignoranza in cui, finchè si restò in Francia, egli visse. IV. Posso io avanzarmi ancora più oltre, e dire che Alcuino medesimo dovette forse in gran parte alla nostra Italia il suo sapere, e che giovinetto venne a Roma a coltivarvi le scienze? Io non ardisco di affermare una cosa che non trovo asserita nè da antichi nè da moderni scrittori, e che sembra contraria a ciò che narra di se medesimo lo stesso Alcuino, cioè ch’egli era stato istruito fin dai più teneri anni nella chiesa di Yorck (ep. 98). Ma ciò non ostante me ne crea qualche sospetto un’altra lettera dello stesso Alcuino, cioè quella da noi citata poc’anzi, in cui egli ragiona della disputa da Pietro Diacono tenuta con un Ebreo (ep. 15): Dum ego adolescens, dic’egli, Romam perrexi, et aliquantos dies in Papiae regali civitate demorarer, ec. AfTe’ rma qui Alcuino, che in età giovanile egli era andato a Roma. Or questo non potè certo essere il viaggio da lui intrapreso l’anno 780, di cui si è detto di sopra. Alcuino morì, secondo il mentovato scrittor della sua Vita, l’an 804, come confessa lo stesso P. Mabillon (Ann. Ord. bened. t. 2, l. 27, n. 29), benchè altre volte avesse pensato che ciò fosse avvenuto alcuni anni più tardi;